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Genova/ Processo sui presunti falsi di Modigliani. Pm chiede condanne. Sgarbi: «Giudici “traviati” da perite incapaci»
«Esecuzione sommaria che punisce il collezionismo e la ricerca favorendo i capricci e l’inesperienza di personaggi frustrati che vedono falsi dove ci sono opere autentiche»

ROMA – Al processo in corso a Genova sui presunti falsi di Modigliani il procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio ha chiesto la condanna a sei anni per Rudy Chiappini, curatore della mostra, cinque anni per Joseph Guttmann, proprietario della maggior parte dei dipinti ritenuti finti, otto mesi per Nicolò Sponzilli, direttore della società Skira che organizzò l’evento, e per Rosa Fasan, dipendente della società, sei mesi per Pietro Pedrazzini, scultore svizzero, proprietario di un «Ritratto di Chaim Soutine che secondo gli investigatori piazzò come autentico pur sapendolo falso.

Il Sottosegretario di Stato alla Cultura Vittorio Sgarbi commenta duramente: «Quella del Procuratore è una richiesta inaudita. Perite prive di esperienza e competenza, danno indicazioni false ai magistrati che condannano un curatore onesto e serio che ha esposto opere di Modigliani riconosciute e pubblicate in altre mostre.

Attribuire a Rudy Chiappini la colpa per le scelte di quadri di Modigliani in mostra a Genova è un arbitrio e una prepotenza di una giustizia che non rispetta la libertà di opinioni e la ricerca di uno studioso degno di ogni considerazione, che ha sempre lavorato in modo impeccabile

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La conclamata incapacità delle perite del tribunale è diventata lo strumento per una esecuzione sommaria che punisce il collezionismo e la ricerca favorendo i capricci e l’inesperienza di personaggi frustrati che vedono falsi dove sono opere autentiche

La condanna di Rudy Chiappini e di Joseph Guttman, esperto di Modigliani quanto la (im)perita Quattrocchi (non laureata) è inesperta, è una condanna a Modigliani.


Quanto alle pene minori per Sponzilli e Fasan, sono una violenza e una testimonianza di disprezzo per i bravissimi lavoratori di una autorevole casa editrice come Skira. Il mondo della critica d’arte –
conclude Sgarbi – dovrebbe ribellarsi a questa umiliazione di un lavoro che si basa sullo studio e sulla competenza. La richiesta di condanna è un insulto alla cultura»

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