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La ragione dietro l’operazione sotto falsa bandiera di Michael Rubin contro il Mojahedin del Popolo Iraniano  (MEK )

Nella sua ultima confutazione alle menzogne seriali di Michael Rubin contro il principale gruppo di opposizione iraniano, l’Organizzazione dei Mujahedin-e-Khalq (MEK), il dottor Ali Safavi, membro della Commissione per gli Affari Esteri del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI), spiega come il MEK sia stato la prima e più importante vittima della falsa crociata dell’antiamericanismo del regime iraniano. Smascherando i loschi legami di Rubin con funzionari e agenti del regime, il dottor Safavi mette a nudo il motivo per cui Rubin deve essere esaminato per i suoi rapporti con un regime che ha sulle mani più sangue americano di qualsiasi altro avversario ostile.

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Di seguito l’articolo del dottor Safavi, pubblicato originalmente su CD Media

I mullah iraniani esternalizzano la propaganda a falsi studiosi di Washington

Dopo ripetuti e imbarazzanti fallimenti, un disperato Michael Rubin sta ancora raschiando il fondo del barile di petrolio dei mullah quando si tratta di attaccare la principale opposizione iraniana, i Mujahedin-e Khalq (MEK). Il suo approccio più recente non è altro che il mettere insieme una narrazione basata su un mucchio di bugie secondo cui il MEK sarebbe antiamericano.

Due principi chiave hanno plasmato la politica e le posizioni del MEK: l’impegno per la democrazia e un focus sulla promozione degli interessi nazionali del popolo iraniano.

Il MEK è sempre stato trasparente nella sua opposizione al sostegno incondizionato e immorale dell’America alla dittatura spietata e corrotta dello scià, riportata al trono da un colpo di Stato CIA/MI6 che rovesciò il popolare e stimato Primo Ministro Mohammad Mossadeq. Se non fosse stato rovesciato, il corso della storia dell’Iran sarebbe cambiato per sempre e i mullah fondamentalisti non avrebbero nemmeno avuto l’opportunità di assumere il potere.

Ma il MEK non era il solo a criticare la politica statunitense nei confronti della dittatura dello scià. “Sessant’anni di nazioni occidentali che hanno scusato e accolto la mancanza di libertà in Medio Oriente non hanno fatto nulla per renderci sicuri, perché a lungo andare la stabilità non può essere acquistata a scapito della libertà” – disse il presidente Bush al National Endowment for Democracy nel novembre 2003.

Negli anni ‘60 e ‘70, gli Stati Uniti rafforzarono la loro immagine di protettori di una brutale dittatura, gettando i semi del sentimento antiamericano popolare del 1979. Il MEK è stato la vittima principale della propaganda “antimperialista” dei mullah. Il 24 gennaio 1979, ad esempio, il MEK insistette sulla salvaguardia delle libertà democratiche. Quando la campagna del MEK per una democrazia laica ottenne il sostegno popolare, i mullah cercarono di contrastare questa tendenza attraverso l’acquisizione dell’ambasciata americana nel novembre 1979. Dal 1979, il MEK ha costantemente invitato i governi occidentali a isolare la teocrazia e sostenere invece la volontà del popolo iraniano di fondare una repubblica democratica.

A questo proposito, il libro dell’ambasciatore Lincoln Bloomfield, “The MEK: Shackled by a Twisted History“ (“Il MEK: incatenato da una storia distorta”), mette le cose in chiaro. Rubin afferma di essere un accademico, ma deliberatamente ignora fatti storici inconfutabili poiché questi mostrerebbero che le sue affermazioni non sono valide.

Rubin ripete la propaganda del regime anti-americano dopo avere trascorso mesi in Iran gomito a gomito con i funzionari dei mullah. Gli fu persino affidato il compito di esplorare gli archivi di una famigerata Fondazione dell’IRGC (Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche), qualcosa che nemmeno i giornalisti fedeli al regime hanno ottenuto. Nel 1999, ha “scambiato opinioni” in Iran con “un’audience di circa 500 persone” che includeva “funzionari governativi”. Rubin vuole nascondere il suo preoccupante passato di cooperazione con un regime che considera gli Stati Uniti il “Grande Satana”; un regime che stava giustiziando i miei colleghi del MEK, gruppo dopo gruppo in quel momento.

Durante la Guerra Fredda, il centro nevralgico della rete di propaganda del KGB sovietico era chiamato “Dipartimento A. Secondo uno studio della London School of Economics, il centro nevralgico aveva una rete di “agenti di influenza”, che includeva una serie di spie a tutti gli effetti e complici inconsapevoli.

La versione analoga del “Dipartimento A” sovietico è la “Direzione di Nefaq (MEK)” del Ministero dell’Intelligence e della Sicurezza (MOIS) del regime iraniano. Secondo un rapporto della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, “Dopo la Guerra del Golfo Persico del 1991 contro l’Iraq, il MOIS ha fatto della guerra psicologica contro il MEK uno dei suoi obiettivi principali, ma il MEK è comunque rimasto un’organizzazione vitale. Allo stesso tempo, i rami dell’intelligence dell’IRGC hanno una sezione dedicata al MEK, chiamata “Elteqat (Eclettica)”. Questi dipartimenti sono grandi, ben finanziati e sofisticati. La loro operazione quotidiana consiste nel diffondere false narrazioni sul MEK per screditare e indebolire l’organizzazione.

Questo è il motivo per cui Rubin è favorevolmente coperto in centinaia di articoli prodotti dai media del regime come Alef, Raja News, SNN, Farda News, Mehr News, Bultan News, ISNA, il Club dei Giovani Giornalisti della Forza Quds, Kayhan, portavoce di non altri che la “Guida Suprema” del regime Ali Khamenei, e siti web affiliati al MOIS. Infatti, quando uno screditato gruppo gestito dal MOIS, l’Associazione Nejat, ha ristampato un suo precedente articolo contro il MEK, Rubin, desideroso di attenzione, lo ha prontamente ritwittato. Tuttavia, rendendosi conto del suo errore, ha frettolosamente  cancellato il tweet. Nejat pubblica regolarmente pezzi di Rubin contro il MEK.

In un tale terreno politico, Rubin è nel peggiore dei casi un ghostwriter del regime e nel migliore dei casi un inconsapevole agente di influenza del KGB di Teheran. Le sue narrazioni sono una conseguenza della propaganda del Dipartimento A del regime.

Rubin non è estraneo alla propaganda. Dopo un’indagine del New York Times sul suo coinvolgimento in una “campagna di propaganda” in Iraq, Rubin ha semplicemente schivato le domande sulle sue attività e sui suoi presunti guadagni finanziari. Nel 2014 è stato collegato a un’indagine  che ha rivelato l’accordo multimilionario degli Emirati Arabi Uniti con la società di pubbliche relazioni Camstoll. Ha un’attività comprovata simile con la Turchia.

Membri della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti hanno affermato nel 2011 che il MEK “persegue libertà, democrazia e diritti umani per il popolo iraniano”. Riferendosi alle rivelazioni del MEK sulle attività maligne dei mullah, hanno aggiunto: “Alti ufficiali militari degli Stati Uniti hanno riconosciuto in più occasioni che l’intelligence del MEK ha svolto un ruolo positivo ed efficace nel salvare la vita di soldati americani esponendo le minacce e i pericoli di interventi terroristici dell’Iran in Iraq”.

Quando Rubin fu coinvolto nel sostenere l’invasione dell’Iraq nel 2003, le forze della coalizione guidate dagli Stati Uniti bombardarono le basi del MEK, uccidendo 50 persone, tra cui due donne, e ferendone altre decine, nel contesto di un accordo segreto con il diavolo a Teheran.

Le ultime patetiche affermazioni di Rubin erano state propagate la prima volta dal MOIS, stile KGB, del regime iraniano nel 2019. Sono ridicole.

È spregevole che mentre il regime iraniano uccideva soldati americani in Iraq, usando bombe artigianali e ordigni anticarro, Rubin si stava coordinando con un operativo dell’intelligence del regime in Iraq, Ahmad Chalabi. In quel periodo, un Memorandum del 24 agosto 2006 del tenente colonnello Julie S. Norman, comandante della Joint Interagency Task Force (Unità Operativa Congiunta Interagenzie) a Camp Ashraf, in Iraq, notò che l’intelligence del MEK era stata “molto utile… e in alcune circostanze” aveva “aiutato a salvare le vite di soldati [degli Stati Uniti]”.

Safavi (@amsafavi) è un membro della Commissione Affari Esteri del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI), con sede a Parigi.

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