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IL DIRITTO, L’IDIOTA E LA COSTITUZIONE

 

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di Domenico Bilotti

 

Rasmus Paludan, attivista dell’estrema destra scandinava, si potrebbe al più definirlo idiota nel senso comune ormai attribuito all’imbecillità. La sua ultima proposta-provocazione era organizzare un grande rogo di copie del Corano davanti alle ambasciate di Iraq e Turchia. La traballante situazione governativa irachena e il consolidato piglio di Erdogan, sul piano mediatico, non aspettavano altro. Erdogan, soprattutto, uno degli uomini più influenti della politica planetaria (lo si è visto su Siria e Libia, su Ucraina, Nato e migrazioni), ha commentato l’iniziativa del bislacco militante xenofobo paragonandola ai roghi di libri organizzati dai nazisti. No, per fortuna non è questo il caso e fare del vittimismo non è utile: il governo di Stoccolma, in crisi di popolarità, si appoggia ai deputati dell’estrema destra dei “Democratici di Svezia”, ma ha inclinazioni sostanzialmente liberali e non autorizzerà falò di libri scomodi. La questione è semmai interessante dal punto di vista dell’opinione pubblica interna e degli effetti che sta producendo un dibattito molto acceso e che conseguenze peggiori sempre più si sforza di causare – fin qui, per fortuna, vanamente.

La polizia svedese aveva negato l’autorizzazione a Paludan e ai suoi. Quel provvedimento, motivato, faceva generico riferimento ai rischi per l’ordine pubblico e la sicurezza. E ve n’è ben donde: le ambasciate sono ovunque obiettivi sensibili, la Svezia sta negoziando il suo ingresso nell’Alleanza atlantica (dove trova le resistenze proprio di Turchia e Ungheria), bruciare libri che sono i testi sacri per quote crescenti di popolazione è a propria volta miccia pericolosa. Per postura istituzionale, la cultura della sicurezza scandinava, ammantata ora di paternalismo socialdemocratico ora di rigorismo luterano, contempla tuttavia spesso un bilanciamento degli interessi votato alla ricomposizione del conflitto. Per paradosso: la decisione dell’apparato di polizia sembrava inclusiva, prudente, equitativa; l’insistenza di Paludan riottosa, illegale, antagonista, radicale. Quando gli accoliti hanno presentato ricorso amministrativo, si temeva con grande anticipo la decisione di primo grado. Sul piano costituzionale, il risultato appariva scontato: i limiti alla libertà d’espressione e di manifestazione sono coperti da riserva di legge, che il diritto svedese ha sempre inteso in senso “forte” (si richiedono, cioè, disposizioni legislative di dettaglio). Non essendoci nessuna norma di legge che vieta di bruciare testi religiosi, potrebbe essere costituzionalmente legittimo farlo.

Avere un’opinione apertamente irreligiosa è perciò la stessa cosa che mettere al rogo le letture sacre? E cosa saremmo pronti a decidere se fossero le associazioni islamiche a volere bruciare, magari davanti alle ambasciate statunitensi o tedesche, le traduzioni evangelico-luterane della Bibbia? Paludan sarebbe pronto a insorgere, visto che difende l’identità tradizionale della Svezia “democratica” e in essa la Chiesa di Svezia era a tutti gli effetti e fino a tempi molto recenti religione di Stato, pur in un regime di sostanziale apertura alla libertà (e diversità) religiose.

Davanti a una approfondita indagine demoscopica, pare sollecitata proprio dal “ministro di Stato” Ulf Kristersson, la popolazione locale, in modo complessivamente trasversale (coefficienti simili per etnia, reddito, religione professata), pur essendo disinteressata a una legislazione specifica, considera sbagliato – lemma per la scienza giuridica scivolosissimo! – bruciare libri su pubblica via. Gli unici a fare eccezione (e nemmeno tutti) proprio gli elettori dei Democratici di Svezia. Il che è un problema: le fasce autoctone che a parole difendono il massimo significato tradizionale della religione maggioritaria sono anche quelle col maggior tasso di analfabetismo religioso. Lo diceva già Ian Buruma in “Murder in Amsterdam”, libro che analizzava nel 2004 l’omicidio di Theo Van Gogh, il regista antimusulmano olandese. E l’Europa progredita e secolare non ha ancora trovato come avvicinare le sue frange estreme a un’idea comune di diritto, che tolleri la provocazione, che questa conduca senza coercizione al minor cattivo gusto possibile, che eviti la libertà di esprimersi fino a perorare la soppressione fisica dell’altro. La costituzione sembra così a propria volta “idiota”, e stavolta nel senso dell’irenico quanto tormentato personaggio di Dostoevskij: appare irragionevolmente aperta, mentre in realtà contiene soprattutto norme che non prevedono utile e corrispettivo alcuno.

 

 

 

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