Advertisement

Non si finisce mai di imparare

di Francesco S. Amoroso

Advertisement

 

 

Qualche tempo fa leggendo un articolo sulle proteste di piazza in Francia contro la riforma delle pensioni voluta dal Presidente Macron mi sono imbattuto in due parole che non conoscevo, e che probabilmente alcuni non conosceranno: quiet quitting.

Uno degli effetti post pandemia insieme a quello più noto della Great Resignation, il grande aumento delle dimissioni da parte di un numero crescente di lavoratori, fenomeno di cui le cronache dei giornali hanno parlato, è quello del quiet quitting.

Molti lavoratori cioè, non solo in Francia come forma di protesta, si accontentano di fare lo stretto indispensabile in ambito professionale per non perdere il posto di lavoro, rifiutandosi di fare straordinari, e di assumersi responsabilità che non rientrano strettamente nell’orario di lavoro, e nelle mansioni indicate sul contratto.

Un fenomeno sempre più diffuso che potremmo tradurre in italiano con le parole abbandono silenzioso.

Il quiet quitting è un fenomeno in controtendenza rispetto allo stereotipo statunitense secondo il quale le persone dovrebbero dedicare tutta la propria vita al lavoro.

Insomma non più vivere per lavorare, ma lavorare per vivere.

Ma quali sono le cause?

Principalmente va evidenziato che gli anni della pandemia hanno portato molte persone a valorizzare aspetti della propria vita fuori dal lavoro, vi è poi un’altra ipotesi secondo la quale l’abbandono silenzioso riguarda principalmente la capacità dei dirigenti di costruire un rapporto di partecipazione agli obiettivi aziendali con i loro collaboratori, che non li induca a fuggire dal luogo di lavoro.

Il fenomeno va poi collegato anche all’insoddisfazione di molti lavoratori che nella propria attività non vedono più prospettive di crescita e di miglioramento.

Un elemento di preoccupazione in più per i dirigenti e il management già alle prese con, tra le tante difficoltà connesse al ruolo di direzione, la necessità di garantire un migliore bilanciamento fra il lavoro e la vita ai propri dipendenti.

Sapranno i dirigenti affrontare questo nuovo fenomeno, stimolando la produttività e la partecipazione agli obiettivi aziendali dei loro collaboratori, così da scongiurarlo?

Una conferma del fatto che serve ripensare i rapporti tra dirigenti e dipendenti per creare nuove forme di coinvolgimento e partecipazione di questi ultimi.

 

Advertisement
Articolo precedenteESSERCI PER GLI ALTRI : il dono come riconoscimento e valore
Articolo successivoComune di Cassano All’Ionio – Situazione rete idrica e fognante di Corso Laura Serra a Lauropoli

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui