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CRISI UMANITARIA IN NAGORNO KARABAKH (ARTSAKH)

 

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Garantire la sicurezza e i diritti del popolo dell’Artsakh è imperativo.

Non basta che la comunità internazionale faccia proclami ed esprima solidarietà alla popolazione stremata dell’Artsakh. Non basta condannare le pulizie etniche e i genocidi se poi non si fa nulla per evitarne altri.

  

Dal 12 dicembre 2022 l’Azerbaigian, a vari livelli, sta esercitando un blocco nei confronti della popolazione armena della regione del Nagorno Karabakh (Artsakh). 

Dal 15 giugno scorso, anche i modesti carichi di prodotti che comunque raggiungevano il NK tramite convogli della Croce Rossa Internazionale o della forza di pace russa sono stati bloccati. Da oltre un mese, pertanto, non un solo bene può entrare in NK-Artsakh in quanto il checkpoint illegale allestito dall’Azerbaigian all’ingresso del corridoio di Lachin impedisce il transito.

Anche il trasporto dei malati gravi da Stepanakert all’Armenia ha subito ripetute interruzioni (l’ultima alcuni giorni fa perché su un mezzo con insegna della CRI erano state trovate delle sigarette e delle batterie per telefoni…).

Ricordiamo che la situazione si aggrava giorno dopo giorno: non c’è più cibo, mancano medicine, finito il carburante per i mezzi di trasporto pubblico e privato. I lavori nei campi sono interrotti perché i trattori non hanno più gasolio e i soldati azeri sparano sui contadini.

Chiediamo alla stampa italiana una copertura mediatica per la tragedia che si sta consumando in Nagorno Karabakh dove 120.000 armeni sono sotto assedio da quasi otto mesi per colpa della politica dittatoriale del Presidente Aliyev.

Se nel Dicembre dello scorso anno il Governo Azero sosteneva che erano gli “attivisti della società civile” a  bloccare il corridoio di Lachin per questioni ambientali, negando con dichiarazioni ufficiale la stessa chiusura del corridoio, ora è palese che quelle affermazioni non erano altro che ridicole bugie, dal momento che il Governo Azero ha installato lungo il corridoio un  vero e proprio check-point presieduto dai militari azeri.

L’Azerbaigian sta minacciando letteralmente la popolazione  dell’Artsakh, dove ricordiamo vivono anche 30 mila bambini, con evidenti manifestazioni di odio etnico e terrorismo, e con lo scopo palese della pulizia etnica.

A seguito della sospensione di tutti gli aiuti umanitari dal 15 giugno la situazione umanitaria peggiora di giorno in giorno, in particolare:

 

  • c’è un peggioramento della scarsità di cibo, e questo per il fatto che prima del blocco, circa il 90% di tutto il cibo consumato veniva importato dall’Armenia;
  • A causa della crescente carenza di carburante e di altre risorse necessarie, circa il 70 percento dei lavori agricoli pianificati non è stato eseguito e questo ha delle ricadute enorme anche su altri settori dell’economia.
  • Per lo stesso motivo la circolazione interna del trasporto pubblico è ridotta di circa il 50 per cento, e nel caso del trasporto privato, quasi del tutto,
  • La crescente carenza di medicinali, forniture mediche e igieniche e il divieto di trasportare pazienti medici in Armenia rappresentano minacce crescenti per la vita e la salute delle persone,
  • In condizioni di interruzioni di corrente quotidiane e carenza di carburante, le apparecchiature mediche funzionano con grande difficoltà. Basterebbe immaginare la situazione in cui un medico sta operando un malato grave e l’elettricità viene interrotta durante l’operazione,
  • A causa della mancanza di alimenti e vitamine necessari circa 2.000 donne incinte e circa 30.000 bambini devono sopravvivere in condizioni di malnutrizione,
  • Interruzioni di corrente elettrica quotidiane e carenze di carburante e altri beni di prima necessità causano gravi interruzioni nell’approvvigionamento dell’acqua e nelle infrastrutture di telecomunicazione in molti insediamenti;
  • A causa del blocco e dell’interruzione delle forniture di elettricità e gas, circa 12.000 persone sono diventate disoccupate e hanno perso la loro fonte di reddito, che rappresenta oltre il 60% delle persone che lavorano effettivamente nel settore privato.

 

Garantire la sicurezza e i diritti del popolo dell’Artsakh è imperativo.

Non basta che la comunità internazionale faccia proclami ed esprima solidarietà alla popolazione stremata dell’Artsakh. Non basta condannare le pulizie etniche e i genocidi se poi non si fa nulla per evitarne altri.

L’Azerbaigian deve rinunciare alla sua politica aggressiva, deve liberare il corridoio di Lachin e ritirarsi dai territori storicamente armeni  conquistati con la forza in piena pandemia.

 

 

Consiglio per la comunità armena di Roma

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