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Comprendere il parlamento estremista del regime e il ritardo del “disegno di legge sull’hijab”

 

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Di Mahmoud Hakamian

Durante una seduta tenutasi il 13 agosto, diversi membri del Majlis, l’assemblea parlamentare del regime iraniano, hanno suggerito di far passare il disegno di legge “Hijab e Castità” con la procedura prevista dall’articolo 85 della Costituzione. La proposta è stata messa in discussione e alla fine “accettata” a maggioranza. Le agenzie di stampa ufficiali iraniane hanno prontamente diffuso i risultati delle votazioni dopo la seduta, indicando che su 238 rappresentanti presenti 175 erano favorevoli, 49 contrari e 5 astenuti.

Nell’Articolo 85 della Costituzione del regime, si afferma che

“L’incarico di rappresentanza è vincolato ad una capacità personale e non trasferibile ad altro. Il parlamento non può delegare l’autorità legislativa a un individuo o ad un organo, ma in casi di necessità può delegare il potere di emanare determinate leggi alle sue commissioni interne nel rispetto dell’articolo 72. In questo caso, queste leggi saranno attuate in via sperimentale durante il periodo determinato dal parlamento e la loro approvazione definitiva sarà soggetta alla decisione del parlamento”.

Durante la revisione di questo disegno di legge, uno degli estensori ha dichiarato ufficialmente che se questo fosse stato discusso in una seduta pubblica del parlamento, considerando la registrazione di “oltre 1600 emendamenti” da parte di 59 rappresentanti, si sarebbe giunti alla “non approvazione”. In questa logica, l’approvazione “urgente” in commissione è stata ritenuta una soluzione opportuna.

La legge “Hijab e Castità”, formalmente intitolata “Legge per la Protezione della Famiglia attraverso la Promozione della Castità e della Cultura del Velo”, è una delle iniziative del regime autoritario volte a far rispettare l’obbligo del velo in Iran.

Il disegno di legge è stato preparato dalla magistratura in seguito alla temporanea sospensione della polizia morale durante la rivolta nazionale del 2022. Dopo il vaglio dell’amministrazione di Ebrahim Raisi, anche il gabinetto lo ha approvato e lo ha inviato al parlamento. Composto inizialmente da 9 articoli, è stato ampliato a 15 articoli dal governo e, infine, è stato elaborato in 70 articoli dalla Commissione Giudiziaria parlamentare, includendo anche clausole su Internet.

Nonostante le indicazioni secondo cui alcune fazioni all’interno del regime stanno perseguendo attivamente l’approvazione del disegno di legge, la questione rimane irrisolta. Nelle ultime settimane, proprio come le precedenti iniziative che miravano ad aumentare i prezzi del carburante o ulteriormente limitare Internet, ci sono stati rapporti contrastanti sullo stato dell’approvazione del disegno di legge nel Majlis.

La causa di fondo va esaminata considerando la delicata situazione del regime. A seguito della protesta pubblica scatenata dall’omicidio di Stato di Mahsa Amini a causa del “velo improprio”, mentre era sotto la custodia della polizia morale, i mullah sono stati sommersi da proteste politicamente motivate che chiedevano la fine del regime clericale, che era iniziato rivisitando la questione della libertà delle donne di scegliere il proprio abbigliamento.

Nel corso di decenni, le autorità al potere hanno utilizzato leggi emanate per costringere i cittadini iraniani, in particolare le donne, ad aderire al codice di abbigliamento imposto dallo Stato. Tuttavia, dopo le proteste del 2022, il tema del velo obbligatorio e dell’imposizione di specifici stili di abbigliamento alle donne è diventato un controverso punto di dibattito tra i cittadini iraniani e il governo.

Mentre la questione della libertà di abbigliamento viene sollevata come una richiesta primaria dei cittadini, e la posizione del popolo iraniano definita durante le proteste del 2022

 

 

comprende richieste molto più ampie che rifiutano sia un governo autoritario che un’imposizione religiosa, questo problema riveste un’importanza significativa per il regime da vari punti di vista.

La teocrazia misogina crede, giustamente, che se si sottomette alle richieste pubbliche favorirà senza dubbio il progresso delle donne. Di conseguenza, quando la società testimonia di essere stata in grado di resistere alla pressione del regime, genera motivazione ed energia notevoli per progredire verso il rovesciamento dei successivi bastioni, portando al crollo del regime clericale.

Quindi, il regime comprende che deve resistere e rimandare l’inevitabile finché non diventa una questione della sua stessa sopravvivenza. Tuttavia, utilizzando manovre politiche contrastanti e tattiche mediatiche, mira a deviare l’attenzione della società verso la questione dell’abbigliamento, sminuendo così il significato delle richieste della popolazione e spostando l’attenzione dalle questioni fondamentali.

Di conseguenza, è chiaro che l’approccio del regime in questa materia è incoerente, con un giorno che porta annunci e il giorno dopo che porta smentite sull’approvazione del disegno di legge “Hijab e Castità”. Tuttavia, sono in gioco anche altri due fattori significativi, che impediscono al regime di unificare la sua posizione in merito.

In primo luogo, c’è il timore di innescare proteste legate alla questione del “velo”, soprattutto mentre ci avviciniamo al primo anniversario delle proteste del 2022.

In secondo luogo, il regime si sta preparando per le elezioni parlamentari di febbraio, un evento che il leader supremo Ali Khamenei ritiene vitale per rivendicare legittimità e stabilità.

Considerando queste ragioni, è evidente che, almeno fino al periodo post-anniversario delle proteste e alla conclusione delle elezioni parlamentari, riguardo all’approvazione del disegno di legge “Hijab e Castità” il regime si trova in una complessa situazione di stallo.

 

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