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Non esistono solo magistrati-poeti che rifiutano di depositare le motivazioni delle sentenze per la delusione d’aver intrapreso una professione non amata. La vicenda del giudice napoletano, al quale la Procura generale della Cassazione contesta «la violazione dei doveri di diligenza e laboriosità», chiedendone la sospensione da funzioni e stipendio, ha fatto il giro del web; situazioni analoghe tuttavia esistono anche in altre realtà, come denuncia il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma.

“Nel Tribunale della Capitale ad esempio tutti i colleghi conoscono la vicenda di un magistrato che deposita le sentenze dopo oltre due anni, anche per cause non particolarmente complesse – spiegano il Presidente del COA Roma, Paolo Nesta, e il Segretario Alessandro Graziani – e non è certo questo l’unico giudice a distinguersi per la lentezza”. 

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Frequenti sono poi le occasioni in cui altri magistrati rinviano le udienze per impegni improvvisi, che costringono cittadini e avvocati a ripresentarsi a mesi di distanza. 

“Non vogliamo con questo intervento riproporre il solito, trito luogo comune secondo cui i giudici non lavorano e gli avvocati sì – proseguono Nesta e Graziani – ma semplicemente sottoporre all’attenzione dell’opinione pubblica il fatto che talvolta la lentezza della Giustizia discende da comportamenti impropri che devono essere stigmatizzati in maniera molto ferma”.

“Potrebbe essere questa l’occasione – concludono Presidente e Segretario – per porre il tema del potenziamento del ruolo dell’Avvocatura all’interno dei Consigli Giudiziari, organi ausiliari del CSM composti da magistrati e avvocati, che sulla carta hanno fra le altre anche la funzione di vigilare sul corretto funzionamento degli uffici e di valutare la professionalità dei giudici. Se i Consigli giudiziari fossero posti nelle condizioni di operare adeguatamente, certe storture forse potrebbero essere evitate”.

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