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Nel 2022 (dati raccolti dalla Uil) i 67.426 fuori sede delle università romane, pubbliche e private, facevano girare un miliardo di euro nell’economia laziale.

La metà di quel denaro, grosso modo mezzo miliardo di euro, è concentrata sui canoni di locazione.
A Roma, nel mercato legale, la pigione media mensile di un appartamento di 79 metri quadri si attesta a 924 euro, superando di 200 euro lo standard nazionale.
Se all’affitto aggiungiamo le altre spese come utenze, servizi e trasporti, escludendo i libri universitari e, banalmente, il cibo, un fuori sede spenderebbe 1182 euro mensili.
In pratica uno stipendio.

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Questo l’apporto degli studenti universitari fuori sede all’economia romana e laziale. Un apporto a cui, purtroppo, non vi è contropartita in termini di servizi offerti.

Da segnalare anche il fallimento generalizzato della politica di “delocalizzazione” dei corsi universitari in località periferiche. Corsi che sono legati a disponibilità finanziarie locali da parte di enti locali o fondazioni di origine bancarie, da rinnovarsi anno per anno, che non possono garantirne la continuità.  Di più: la delocalizzazione vede protagonista un pendolarismo al contrario (dal centro verso la provincia) di docenti spesso alle prime armi e anche precari e scarsamente motivati, mentre quelli maggiormente qualificati restano nelle più prestigiose sedi centrali, a tutto danno della qualità dell’insegnamento nei territori.

Da oggi si apre ufficialmente la mobilitazione nazionale degli studenti che durerà tutta la settimana, portando tende, flash mob, presidi, in 25 città universitarie di tutto il Paese.
Questo a cominciare da La Sapienza di Roma.

Risorgimento Socialista è dalla parte degli studenti e delle loro famiglie, costrette a pagare canoni iniqui per rendere possibile un diritto costituzionale: quello al diritto allo studio. In spregio all’articolo 3 della costituzione siamo costretti a vedere lo spettacolo di studenti di serie A, quelli che possono permettersi di affrontare le spese per la loro permanenza in una città universitaria, e quelli di serie B, costretti dalle loro condizioni economiche ad una sede periferica o, peggio, a corsi on line di dubbia efficacia didattica.

Prendiamo atto, con rammarico, delle parole del Ministro Salvini che irride la protesta degli studenti  definendoli “attendati”. Ricordiamo al signor Ministro che quello che ha di fronte non è la fila per un concerto rock, ma una manifestazione pacifica, democratica, per l’attuazione di diritti costituzionali. Diritti di cui lui, data la carica istituzionale che ricopre, dovrebbe aver rispetto.

Con gli studenti, per la giustizia sociale.
Risorgimento Socialista Lazio

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