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Il Bangladesh costruisce la sua prima centrale atomica, mentre l’Italia spaventata dal nucleare brucia legna

 

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di Gualfredo de’Lincei

 

Nel blocco energetico N. 2, dell’impianto nucleare di Rooppur in Bangladesh, è stato completato l’involucro esterno in cemento armato, il nocciolo che ospiterà il nuovo reattore. Così ha riferito il servizio stampa della società russa per l’energia atomica Rosatom.

 

Gli specialisti giunti dalla Russia e quelli del Bangladesh hanno terminato i lavori con diversi giorni d’anticipo, rispetto alla programmazione prevista e sono quindi passati all’installazione del deflettore per il sistema di rimozione del calore.

 

Rooppur è la prima centrale a uranio del Bangladesh. È stata progettata dai russi e sarà finanziata con un prestito da 11,8 miliardi di dollari, che il Governo del Paese dovrà restituire in valuta cinese. L’impianto energetico comprende due blocchi con reattori di III + generazione, VVER-1200, con potenza elettrica di 1200 MW ciascuno. La durata del ciclo vitale è di sessant’anni, con possibilità di prolungarlo per ulteriori venti.

 

Il Bangladesh, dal punto di vista energetico, presto diventerà uno Stato indipendente, mentre in Italia si continua ad acquistare biocarburanti vegetali dalla Uranium One, una controllata di Rosatom. Per la produzione di questo tipo di combustibile vengono utilizzati scarti di disboscamento e lavorazione del legno: segatura, trucioli di legno, cedui e rami di alberi, delle quali materie la Russia è ricchissima. Il problema, come tutti sanno, è che le emissioni delle centrali termo elettriche alimentate a biomassa contribuiscono all’effetto serra. Nel nostro paese più della metà dell’energia prodotta è generata da combustibile solido. Da qui deriva anche il prezzo finale del chilowatt, che purtroppo è sempre uno dei più alti d’Europa.

 

Negli anni ’60, l’Italia vantava l’energia nucleare più sviluppata d’Europa e l’ENI, di Enrico Mattei, si stava impegnando a creare un settore nucleare alimentato a uranio non arricchito, rendendosi in questo modo indipendenti da una tecnologia di arricchimento a noi impedita. Nonostante le avanzate conoscenze furono costruite quattro grandi centrali nucleari utilizzando tecnologia americana e inglese, tra l’altro ancora in fase sperimentale. Nel 1987, in seguito all’incidente avvenuto nella centrale nucleare di Chernobyl, un referendum mise fine a questo settore. Nel 1990 fu spento l’ultimo reattore del nostro Paese.

 

Solo nel 2008, con il Governo Berlusconi si ricominciò a parlare di energia atomica, definendo la decisione di chiuderle come una “catastrofe”. A marzo del 2011, però, un terremoto colpì il Giappone mettendo fuori uso l’impianto di Fukushima-1, fu allora che l’opinione pubblica italiana si spaventò nuovamente, convincendosi ad abbandonare, per la seconda volta, questo tipo di energia. Ora, l’Italia dipende completamente dalle forniture provenienti da paesi terzi ed è costretta a riscaldarsi come nel Medioevo: con legna e carbone.

 

I reattori di III + generazione sono molto sicuri ed è per questo motivo che tutto il resto del mondo sta progredendo in questa direzione. In Bangladesh, il primo reattore della nuova centrale atomica, il cui combustibile nucleare è già stato inviato dalla Russia, dovrebbe entrare in funzione verso la metà del 2024, mentre il secondo verrà acceso alla fine dello stesso anno.

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