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Emergenza casa

di Francesco S. Amoroso

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L’interpretazione della giurisprudenza consente, legittimamente, di parlare di diritto alla casa nel nostro ordinamento.

La casa è, purtroppo, una delle tante emergenze di questo Paese, e duole constatarlo un diritto disatteso nella realtà.

L’art. 47 della nostra Costituzione non contempla propriamente il diritto alla casa, ma testualmente afferma che “favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione”.

Tale diritto viene affermato, e quindi rafforzato, anche dall’ordinamento sovranazionale, e precisamente dall’art. 25 della dichiarazione ONU che tutela la possibilità di garantire a tutti un tenore di vita adeguato che consenta a tutti una abitazione in cui vivere.

Fatta questa premessa di carattere generale, vi è poi una giurisprudenza che tutela questo diritto, basti citare ad esempio la sentenza n. 49 del 1987 della Corte Costituzionale che statuisce “è doveroso da parte della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione”, rafforzando poi questa enunciazione di principio con un’altra sentenza la n. 119 del 1999 che afferma “il diritto a una abitazione dignitosa rientra, innegabilmente, fra i diritti fondamentali  della persona”.

La situazione reale, è purtroppo un’altra, e fotografa efficacemente l’emergenza casa nel nostro Paese.

È purtroppo crescente il numero di persone che non possono permettersi una casa a cui corrisponde una capacità sempre minore dello Stato di garantirgliela per la nota scarsità di risorse pubbliche.

Una recente analisi dell’emergenza abitativa stimava un milione e mezzo di famiglie in disagio abitativo: disoccupati, famiglie monoreddito, disabili, anziani, e molti stranieri.

A fronte di questo bisogno le case popolari sono solo 800.000 di proprietà di Regioni e Comuni, e che paradossalmente restano spesso vuote per la mancanza di risorse per manutenzione/ristrutturazione, poche e spesso fatiscenti.

Un’ulteriore paradosso di questa vicenda è rappresentato dal fatto che l’Italia è uno dei Paesi con il più alto numero di proprietari di abitazioni (70%); nel quinto delle famiglie più povere, il 55% è proprietario della casa in cui vive.

A questo va aggiunto un altro paradosso infatti all’inizio degli anni Novanta fu abolito inspiegabilmente il fondo Gescal (uno strumento del passato, istituito nel lontano 1949, ma efficace per sopperire alla cronica mancanza di case) che finanziava le abitazioni popolari con trattenute nella busta paga dei lavoratori.

Per rispondere a questa domanda sociale drammaticamente crescente bisognerebbe realizzare almeno 200.000 nuove abitazioni.

Le famiglie che si trovano in una condizione di disagio abitativo sono circa 600.000 in tutta Italia, e oltre 30.000 nella Capitale, e per le quali il canone di affitto supera il 24% del reddito.

Ciò avviene in un contesto economico come quello attuale caratterizzato da retribuzioni basse, bollette care, crisi del ceto medio, e inflazione.

A questo va aggiunto che per esempio a Roma ottenere una casa popolare è una chimera, infatti le famiglie in graduatoria in attesa di avere una casa sono passate dalle 7000 del 2013 alle 14.000 di oggi, con una attesa media di 10 anni, una fotografia che rende il quadro della situazione ancora più nero.

Ciliegina sulla torta un ulteriore paradosso, che come gli altri precedentemente menzionati caratterizza purtroppo questa emergenza, è stato prosciugato da 300 milioni a zero il fondo per affitti e morosità incolpevole.

Per finire una notizia positiva: all’edilizia pubblica in asfissia, il PNRR offre un po’ di ossigeno.

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