IL PUNTO
- 940 DEL 2 FEBBRAIO 2024
di MARCO ZACCHERA
per leggere numeri arretrati: www.marcozacchera.it
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Ai Lettori,
purtroppo essendo ancora all’estero incontro molte difficoltà a spedire IL PUNTO e
quindi scusatemi se la lettura non è agevole: dalla prossima settimana, al ritorno,
cercherò di rimediare.
La scorsa settimana vi ho proposto un report da SINGAPORE, questa settimana
invece mi concentro sull’ INDIA, grande paese di cui politicamente si parla poco
nonostante sia diventata come PIL, tra infinite contraddizioni, la TERZA POTENZA
ECONOMICA DEL MONDO.
Devo però prima ricordare un amico carissimo che purtroppo ha lasciato, ROBERTO
RABATTONI, fondatore del “centro Aiuti per l’Etiopia” che dal 1983 ha aiutato
migliaia di persone con iniziative di tutti i tipi, promosso centinaia di adozioni a
distanza e avviando e completando scuole, ospedali, iniziative umanitarie. Se esiste
un “santo moderno” credo che Roberto ne meriti subito un posto per tutto il bene che
ha fatto nella sua vita anche se – da uomo schivo che era – non amava mettersi in
mostra.
Temo che nessuno gli intitolerà una scuola, ma – visto che a Verbania vogliono
revocare l’intitolazione della ex “mia” scuola media al gen. LUIGI CADORNA (che
era nato proprio a Pallanza, a pochi passi di distanza) per intitolarla a GINO
STRADA credo che – se proprio bisogna farlo – sarebbe molto più saggio e logico
intitolarla allora proprio a ROBERTO RABATTONI uno che – mi permetto di dire –
non ha mai fatto politica, ma aiutato sul serio.
Approfondimento: L’ INDIA CHE CRESCE, ANZI CORRE
Una raccoglitrice di the del Kerala, in India, guadagna 470 rupie al giorno, ovvero 5
euro, ma è già ben pagata tenuto conto di quanto (poco) di più guadagna un poliziotto
o un maestro elementare, ma l’India non è (più)solo miseria.
Per ridurre a una sensazione il passaggio dalla Singapore dove già si vive il futuro
(vedi articolo su IL PUNTO della scorsa settimana) alla realtà dell’India si potrebbe
sintetizzare che da una società digitale si torna a quella analogica, ma sarebbe
riduttivo visto che l’India cresce, anzi corre.
Si parla poco dell’India salvo che per qualche catastrofe di grandi numeri, eppure
questo immenso paese ha superato la Cina per numero di abitanti (gli indiani
dovrebbero essere arrivati a circa un miliardo e 428 milioni) ma soprattutto dall’
essere la 13° potenza economica mondiale di venti anni fa, raggiunta la 5° posizione
nel 2022 l’India è ora balzata al terzo posto dopo USA e Cina superando Germania e
Giappone e mantenendo il più alto e costante incremento del PIL al mondo.
Dal 2014 l’India è infatti cresciuta del 7% l’anno (del 9% nell’ultimo biennio) e
anche se gli oppositori del premier Modi parlano di dati ufficiali più o meno gonfiati
il cambiamento in corso è effettivamente immenso.
Se pur si accalcano nelle baracche ancora centinaia di milioni di poveri, ormai nessun
indiano – salvo calamità eccezionali – soffre la fame e questa è stata la grande vittoria
politica ed economica del premier Narendra Modi, un settantatreenne “ganchi “ (casta
povera nella società indiana) già leader dello stato del Gujarat ai confini con il
Pakistan.
In una democrazia sostanzialmente funzionante e che da ormai 75 anni è la più
grande del mondo, Modi è il leader del “Partito Popolare” considerato di destra e
nazionalista, vicino ai movimenti induisti più tradizionali rispetto al Partito del
Congresso (quello della dinastia dei Gandhi) tendenzialmente più a sinistra. I due
partiti maggiori rappresentano però solo circa il 70% dell’elettorato e quindi al
governo vi è sempre una coalizione con partiti locali e religiosi, fonte spesso di
tensioni.
Modi ha portato avanti con forza una politica liberista privatizzando molti servizi
anche essenziali e rilanciando una economia di mercato che ha rafforzato la classe più
abbiente (individualmente anche super-ricca) tagliando – secondo l’opposizione – la
spesa sociale, ma comunque elevato nettamente la ricchezza generale.
Sempre più spregiudicato in politica estera, Modi si pone come leader della BRICS
(Brasile-Russia-India-Cina e Sud Africa) in un rovesciamento globale nei rapporti tra
le potenze nel mondo.
Come è cambiata l’India di oggi! Anche se arrivando ritrovi gli stessi poliziotti
corpulenti e lo scanner dei passaporti elettronici è tenuto insieme dal nastro adesivo,
ti accorgi subito che tutto è diverso anche solo rispetto a 10 anni fa. Io poi ricordo
bene ancora l’India degli anni ’80 dove le uniche auto erano le nostre obsolete 1100
Fiat prodotte con le linee dismesse di Mirafiori e una miriade di biciclette sciamavano
ovunque, mentre oggi il traffico è un caos impazzito in uno smog da togliere il fiato
nonostante i lavori pubblici imponenti per tentare di migliorare la viabilità.
Immutabili sembrano solo i milioni di motocarri Piaggio che – spesso attrezzati a taxi
– trasportano tutti e di tutto.
E’ difficile spiegare cosa significhi la realtà quotidiana di una città come Nuova Delhi
di ormai 31 milioni di persone, oppure di Mumbai (già Bombay) che ne ha “solo” 20,
seguita dai 14 di Calcutta o dai 12 di Bangalore: l’idea del formicaio impazzito è
riduttiva.
La Federazione indiana (28 stati e 8 territori) è un cosmo incredibile di religioni
diverse, 22 lingue ufficiali, con una maggioranza induista (79%) ma anche con il 14%
di musulmani che in alcune zone del paese sono quasi maggioranza e poi buddisti,
animisti, sikh e quasi 50 milioni di cristiani concentrati soprattutto in Kerala, Goa e
nel sud del paese.
Il reddito medio ufficiale sfiora gli 8.000 euro l’anno, ma è questo un dato
controverso e poco significativo se si pensa alle enormi differenze tra le diverse aree
del paese.
A New Delhi il reddito é cinque volte quello degli stati rurali, con relativo aumento
dei prezzi dei prodotti di base. Anche per questo si assiste ad un endemico fenomeno
di emigrazione interna e verso le comunità indiane all’estero che da sempre, in Asia e
nel mondo, detengono spesso il monopolio del commercio e delle intermediazioni.
L’economia indiana cresce robusta e si regge sui consumi domestici e quindi la nuova
ricchezza è soprattutto destinata al cibo, agli elettrodomestici e ai veicoli il che
comporta però un aumento vertiginoso dei consumi energetici.
Qui scatta uno snodo fondamentale dell’India che per crescere ha bisogno di energia
e soffre sempre di più per un inquinamento spaventoso. I combustibili fossili
producono oltre il 70% dell’energia elettrica e l’aria non solo nella capitale è spesso
irrespirabile.
I fumi delle industrie, della viabilità e di milioni di fornaci per fabbricare mattoni
rendono insopportabile la vita in molti centri urbani e, per esempio, la scarsità di
acqua potabile si sta facendo drammatica anche per l’inquinamento delle falde.
Una tematica che meriterà un approfondimento a parte (leggerete prossimamente un
mio approfondimento specifico), ma che condiziona lo sviluppo che deve sempre di
più fare i conti con i limiti di un territorio che anche se grande dieci volte l’Italia
subisce una pressione demografica di oltre 450 persone a kmq. pur contando anche le
inaccessibili zone himalaiane.
Un problema che Indira Ghandi cercò di affrontare con una politica demografica di
contenimento forzato che le costò la leadership del paese, ma – anche se il tasso di
fecondità si è ridotto di quasi il 50% rispetto al 1990 – gli indiani crescono ancora di
quasi l’1% annuo e – migliorate le condizioni igieniche e sanitarie – con la speranza
di vita che si avvicina ormai ai 70 anni ci sono sempre più bocche da sfamare.
Certamente la società indiana ha infiniti problemi e ai nostri occhi è caotica, spesso
assurda, contraddittoria e sempre ai limiti della sostenibilità, ma i caratteri di un
popolo si notano anche nella serenità, nel fatalismo. Gli indiani sono alla fine cento
popoli diversi ma uniti da una cultura plurimillenaria e sono aperti, moderni, testardi,
orgogliosi, ma socievoli e curiosi.
Per questo quando incroci l’ennesimo autobus sgangherato strapieno di gente e di
bagagli che zigzaga contromano nell’oceano del traffico e dall’interno qualcuno ti
guarda, pur nel caldo e sommerso dal vicino una mano ti saluta sempre e – se incroci
lo sguardo – si apre comunque a un sorriso.