PELLICCE: INIZIA OGGI LA CAMPAGNA INTERNAZIONALE VERSO MAX MARA FASHION GROUP!
LAV: INSIEME A DECINE DI ALTRE ONG DEL NETWORK FUR FREE ALLIANCE CHIEDIAMO A MAX MARA DI DISMETTERE PER SEMPRE L’USO DI PELLICCE ANIMALI.
Oggi la Fur Free Alliance lancia una campagna globale, invitando il colosso italiano della moda Max Mara a seguire l’esempio virtuoso di tanti grandi brand – tra cui Gucci, Versace, Armani, Prada, Valentino, Dolce&Gabbana e molti altri – nell’adottare una politica fur-free.
La campagna si svolgerà fino al 3 marzo, durante le settimane della moda a New York, Londra, Milano e Parigi.
“L’indifferenza di Max Mara Fashion Group ai numerosi tentativi di dialogo avanzati da LAV e dai nostri partner è imbarazzante! Come può un colosso della moda sottrarsi al confronto con gli stakeholder e, allo stesso tempo, presentarsi come azienda sostenibile e responsabile? Se MMFG non vuole ascoltare le ONG, sentirà la voce delle tante persone che, in tutto il mondo, stanno partecipando alla campagna FurFreeMaxMara!” dichiara Simone Pavesi, Responsabile LAV – Area Moda Animal Free.
Con la portata della Fur Free Alliance, una coalizione di 50 organizzazioni per la protezione degli animali in 35 paesi, la campagna #FurFreeMaxMara sarà probabilmente la più grande corporate campaign antipelliccia di tutti i tempi, con decine di migliaia di e-mail, chiamate ai telefoni dell’azienda, negozi e showroom e, naturalmente, con azioni sia nei social media che presso i punti vendita, in Italia e all’estero. Insieme alla Fur Free Alliance hanno raggiunto e annunciato la definitiva dismissione delle produzioni in pelliccia animale le principali firme della moda come Gucci, Armani, Hugo Boss, Prada e molte altre.
Oggi sono oltre 1.500 i brand (e retailer) formalmente aderenti al Fur Free Retailer Program.
La campagna globale si rivolge principalmente al marchio di punta, Max Mara, ma il target è il Max Mara Fashion Group nel suo insieme, dato che anche altri marchi utilizzano ancora pellicce animali, come Marina Rinaldi, SportMax; nei loro assortimenti è possibile trovare guanti in visone, polsini in pelliccia di volpe, ciondoli in procione o cappucci bordati in pelliccia di cane procione.
Negli allevamenti di pellicce gli animali selvatici come visoni, volpi e cani procione trascorrono tutta la loro vita in gabbie di rete metallica anche nella pavimentazione, privati della capacità di assumere comportamenti naturali, solo per essere uccisi tramite gas o elettrocuzione anale.
In natura, gli animali vengono tenuti in trappole per giorni senza cibo né acqua finché i cacciatori non vengono a recuperarli, spesso rosicchiando loro stessi gli arti nel disperato tentativo di liberarsi dalla morsa mortale delle tagliole.
La produzione di pellicce è anche devastante dal punto di vista ambientale. Gli allevamenti di animali “da pelliccia” e le concerie sono estremamente dannosi per il nostro suolo e i nostri corsi d’acqua, poiché pompano rifiuti e sostanze chimiche tossiche nell’ambiente circostante. Mentre le trappole responsabili dell’uccisione di animali selvatici sono indiscriminate e spesso mutilano e uccidono animali non-target, come specie in via di estinzione e animali domestici.
Ora che la maggior parte dei consumatori non vuole avere niente a che fare con il commercio delle pellicce, i principali marchi di moda hanno risposto annunciando politiche che vietano l’uso delle pellicce.
Venti paesi in tutta Europa hanno già vietato la produzione di pellicce a causa della crudeltà sugli animali e dei rischi per l’ambiente e la salute pubblica. Mentre oltre 1,5 milioni di europei hanno sottoscritto la petizione di Iniziativa dei Cittadini Europei “Fur Free Europe” per chiedere l’estensione del divieto di allevamento a tutta l’Unione e la fine delle vendite di pellicce, il divieto di commercio di prodotti di pellicceria è già una realtà in Israele, California e 14 città negli Stati Uniti.
Il presidente della Fur Free Alliance, Joh Vinding, afferma: “Il sostegno di Max Mara al commercio di pellicce, arcaico e crudele, li fa sembrare obsoleti e indifferenti alla sofferenza degli animali. Max Mara dovrebbe unirsi ai suoi colleghi “fur-free” e scegliere la compassione piuttosto che i profitti”.
Claudia Valenti