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A quasi un anno dall’inizio della pandemia, la scuola è ancora penalizzata a causa del Covid-19; se i più piccoli sono tornati in aula, si prevede un ulteriore prolungamento della didattica a distanza per 8 milioni di studenti italiani. Ma, come dimostra l’indagine “Nutrire l’infanzia” condotta da IPSOS per SOS Villaggi dei Bambini e presentata a fine novembre, 9 studenti su 10 erano contenti del ritorno in presenza e di fatto in tutta Italia si moltiplicano le loro proteste e gli appelli per la didattica in presenza. SOS Villaggi dei Bambini si appella al Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, per la ripartenza della scuola in presenza e in sicurezza.

Milano, 12 gennaio 2021 – I bambini e i ragazzi hanno bisogno di tornare alla normalità a cominciare dalla scuola, un ineludibile punto di riferimento educativo e sociale, che permette loro di sviluppare la propria identità, l’autonomia, di imparare cosa significa collaborare e confrontarsi con altri. “Con la didattica digitale integrata (DDI), sperimentata a partire da questo anno scolastico, gli studenti perdono progressivamente gli stimoli, diventano passivi, con il conseguente rischio di dispersione scolastica. La didattica a distanza, per quanto resti un ottimo supporto tecnico di emergenza, non può assolutamente sostituire la didattica in presenza; spiega Samantha Tedesco, Responsabile Programmi e Advocacy di SOS Villaggi dei Bambiniinoltre prolungare ulteriormente la DDI non fa che aggravare le diseguaglianze sociali. Si pensi ad esempio alle difficoltà a livello tecnico, uno fra tutti con la connessione internet. Chi aveva difficoltà di apprendimento in precedenza si è trovato ad affrontarne di nuove, senza l’aiuto di un adulto con le competenze specifiche a supportarlo”.

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Del resto, il 90% degli studenti intervistati da Ipsos per conto di SOS Villaggi dei Bambini nell’ambito dell’indagine “Nutrire l’Infanzia. Povertà educativa, divario digitale” era ben felice di tornare a scuola sin da settembre, di rivedere compagni e professori dal vivo piuttosto che attraverso lo schermo di un pc. Gli studenti italiani, mostra l’indagine, sono consapevoli del delicato momento che stanno vivendo e per quanto i contagi da coronavirus non si arrestino, il 70% di loro accetterebbe ben volentieri tutte le misure restrittive (mascherine in classe, distanziamento, misurazione della temperatura) pur di tornare a scuola, che considerano un luogo sicuro.

 

In base all’indagine, 9 genitori su 10 dichiarano che il proprio figlio era molto (53%) o abbastanza (37%) contento di rientrare a scuola, indipendentemente dal ciclo di studi o classe frequentata. 1 genitore su 2 parla di “entusiasmo” come stato d’animo prevalente nei figli che hanno affrontato il rientro a scuola. Peraltro, più di 7 genitori su 10 ritengono che il proprio figlio si senta molto (14%) o abbastanza (62%) sicuro a scuola. Tra quelli che invece ritengono che il proprio figlio non si senta abbastanza sicuro (1 su 4), il 55% attribuiscono l’insicurezza alla paura che i compagni non rispettino le misure precauzionali (soprattutto nelle scuole medie), il 27% lamenta misure di prevenzione e, in generale, di organizzazione poco chiare (specie nelle elementari) e il restante 18% crede che il proprio figlio tema di non poter rispettare le misure previste (soprattutto in prima e seconda elementare).

Per quanto concerne protocolli e misure, 7 genitori su 10 pensano che i propri figli siano disposti a rispettare le regole con entusiasmo. L’impossibilità di organizzare gite e uscite scolastiche rappresenta la restrizione che più infastidisce bambini e ragazzi delle scuole elementari e medie (67%). Seguono: il distanziamento sociale, che non permette la socializzazione con i compagni (63%); l’impossibilità di scambiarsi oggetti coi compagni (58%); l’uso delle mascherine (52%). Decisamente meno impattanti l’utilizzo dei gel disinfettanti, gli ingressi e le uscite scaglionati, il lavaggio delle mani e la misurazione della temperatura corporea.

Tra i genitori, la totalità di mamme e papà lamenta almeno una preoccupazione. Tra questi, il 25% dichiara di essere preoccupato per il rischio di contagio all’interno degli istituti e il 17% negli assembramenti fuori (specialmente i genitori dei ragazzi delle medie). In misura minore si temono possibili problemi di apprendimento collegati all’attivazione della DDI (14%).

4 genitori su 10 riportano della scoperta di effettivi casi di Covid-19 nella scuola del proprio figlio, di più tra i genitori con figli frequentanti le scuole medie piuttosto che le elementari (47% vs il 37%). Alle scuole medie troviamo anche una maggior quota di genitori che riporta più di un caso per scuola (28% a fronte di un 19% delle elementari). Guardando invece alla presenza di casi Covid-19 nella classe del proprio figlio, la quota di genitori che riporta di almeno un caso si riduce al 14% (di cui 8% con più di un caso positivo).

Secondo mamme e papà, il 75% dei ragazzi di elementari e medie ha vissuto tale evento con preoccupazione (molta o moderata). Dal punto di vista dell’organizzazione familiare, le quarantene hanno generato difficoltà per quasi 8 famiglie su 10, prevedibilmente con maggiore impatto per i genitori degli alunni delle elementari.

Quasi 6 genitori su 10 hanno dichiarato che nel periodo di rilevazione il proprio figlio non stava fruendo del servizio mensa, o per scelta (20%) o perché non previsto dalla scuola (37%). Eppure, il pasto a scuola rappresenta un aiuto valido, talvolta indispensabile: per più di una famiglia su dieci (12%) la disattivazione del servizio di refezione comporta l’incapacità di garantire ai ragazzi un pasto giornaliero ben bilanciato in termini nutrizionali (7%) o addirittura la mancanza del principale pasto giornaliero (5%) a causa delle difficoltà economiche in cui versa la famiglia.

L’assenza del servizio mensa ha comportato anche altri problemi per le famiglie: doversi organizzare affinché il figlio torni a casa per pranzo (44% dei casi), la necessità di trovare il tempo per preparare il pranzo al sacco da portare a scuola (23%), il disagio che il figlio debba pranzare a casa da solo (13%). In generale, la valutazione del pasto e del suo ruolo per la famiglia è positiva. I due terzi dei genitori intervistati lo considerano tutto sommato equilibrato (66%); al pasto consumato nella mensa scolastica viene inoltre attribuita una funzione educativa (64%), in quanto utile ad abituare i figli a una alimentazione sana e completa. Allo stesso tempo la maggioranza dei genitori riconosce un buon livello di qualità (57%) ai pasti serviti nella scuola (il 29% li considera addirittura di ottima qualità). E per buona parte del campione i pasti serviti nella mensa scolastica possono essere anche fonte di ispirazione (56%) per imparare a equilibrare l’alimentazione del proprio figlio.

 

ALTRI ASPETTI ORGANIZZATIVI: ORARI E TRASPORTI

 

A settembre, il 63% degli studenti di elementari e medie avevano ripreso la didattica secondo l’orario canonico, in termini sia di numero di ore sia di fascia oraria (7 su 10 gli studenti di 1a e 2a elementare). Invece, tra le famiglie che hanno subito una modifica, parziale o totale, dell’orario scolastico, il 74% ha dovuto fronteggiare problemi legati principalmente alla necessità di accompagnare e riprendere i figli a scuola.

Infatti, tra i mezzi di trasporto, il più utilizzato al momento dell’indagine risultava l’automobile (per più di 1 studente su 2), mentre quasi un terzo degli studenti (29%) si recava a scuola a piedi o in bici. Invece, il trasporto pubblico è utilizzato in modo marginale (solo dal 6% degli studenti di elementari e medie) e il trasporto scolastico in circa 1 caso su 10. Nel dettaglio, era pari al 46% la quota di ragazzi delle medie che raggiungevano la scuola accompagnati in macchina minoritario, infine, il ricorso al trasporto pubblico (2%) per i bambini delle prime classi elementari.

Per quasi un anno i professori hanno lavorato per garantire la continuità dell’apprendimento. In breve tempo si sono attivati con la didattica a distanza, stabilendo un contatto con i propri alunni. È stato un nuovo modo di fare scuola, non tutti avevano una particolare competenza in materia informatica e, in alcuni casi, la strumentazione adatta per affrontare l’emergenza. I docenti hanno reagito in maniera esemplare affinché nessuno rimanesse indietro con il programma. A loro va il nostro ringraziamento per l’enorme sforzo che hanno fatto e che tutt’ora stanno portando avanti – dichiara Samantha Tedesco – Tuttavia, è importante accogliere anche le richieste del mondo studentesco. I nostri ragazzi devono tornare a scuola in presenza, è una condizione essenziale per garantire loro un livello d’istruzione adeguato ma anche quel benessere psico-fisico che la pandemia sta mettendo a repentaglio. Ci appelliamo al ministro Azzolina e al Governo affinché siano al primo posto le necessità dei nostri ragazzi. La povertà educativa è una grave emergenza globale, e la scuola deve essere una priorità nazionale”.

A questo link è possibile scaricare l’indagine completa:

 

A questo link è possibile scaricare le interviste agli italiani sui temi dell’indagine:

Per ulteriori informazioni stampa contattare UFFICIO STAMPA SOS VILLAGGI DEI BAMBINI

Valeria Sabato, 373 5515109 – v.sabato@inc-comunicazione.it

Federica Aruanno 344 3449685 – f.aruanno@inc-comunicazione.it

 

SOS Villaggi dei Bambini è parte del network di SOS Children’s Villages, la più grande Organizzazione a livello mondiale impegnata da oltre 70 anni nel sostegno di bambini e ragazzi privi di cure familiari o a rischio di perderle. Lavora con le famiglie d’origine per prevenire le crisi che ne causano la separazione e offre accoglienza di tipo familiare ai bambini che sono privi di cure adeguate. È presente in 136 Paesi e territori, dove aiuta oltre 1 milione di persone tra bambini, bambine, ragazzi, ragazze e le loro famiglie. In Italia promuove i diritti di oltre 44.000 bambini e giovani e si prende cura di oltre 1.000 persone tra bambini, ragazzi e famiglie che vivono gravi momenti di disagio. Lo fa attraverso 6 Villaggi SOS – a Trento, Ostuni (Brindisi), Vicenza, Roma, Saronno (Varese), Mantova – un Programma di affido familiare interculturale a Torino e un Programma di sostegno psico-sociale per Minori Stranieri Non Accompagnati in Calabria.

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