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Con una interrogazione presentata insieme ai colleghi Deputati del M5S Caterina Licatini, Francesco D’Uva e Davide Aiello, abbiamo chiesto ai Ministri dell’Interno, della giustizia e degli Esteri di fare luce sulla figura di Mukhtar Ablyazov, che già nel 2013 era stato descritto dai media come dissidente kazako e rifugiato politico in fuga da un regime dittatoriale. Ablyazov, secondo le cronache, era considerato dall’Interpol un latitante, accusato di bancarotta fraudolenta e di appropriazione indebita per circa 6 miliardi di dollari e, per questo, condannato a 22 mesi di carcere anche in Gran Bretagna, condanna elusa con una fuga, la seconda dopo quella dal Kazakhstan di alcuni anni prima.

Nello stesso anno Mukhtar Ablyazov è stato arrestato in Francia. A dimostrazione di come la sua situazione personale oscilli pericolosamente tra l’essere un soggetto accusato (e condannato) per gravi reati finanziari in differenti Stati esteri e il voler apparire come un presunto rifugiato politico in modo da ottenere una sorta di immunità perenne ne fu accolta la richiesta di estradizione in Russia e Ucraina per ben due volte e, solo alla fine di un lungo e tortuoso percorso giudiziario, lungo ben 7 anni, la Francia ne avrebbe disposto la protezione internazionale (nel settembre 2020), salvo poi arrestarlo nuovamente alcuni giorni dopo.

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La sentenza n. 1594/2020 del tribunale di Perugia ha definito l’espulsione di Alma Shalabayeva, moglie di Ablyazov, trovata con un passaporto centrafricano ritenuto falso dai poliziotti durante una perquisizione mentre cercavano il marito, una “extraordinary rendition”. Con tale sentenza, il tribunale ha condannato un giudice di pace e sei poliziotti, tra cui uomini al servizio dello Stato da una vita: Maurizio Improta, ex dirigente dell’ufficio immigrazione, e Renato Cortese, ex capo della squadra mobile di Roma, nonché ex questore di Palermo, passato alla storia della lotta antimafia per la cattura, dopo una latitanza durata decenni, del boss mafioso Provenzano e di altri pericolosi latitanti ‘ndranghetisti. Il paradosso è che i poliziotti italiani condannati sono obbligati a risarcire i danni morali anche al milionario Ablyazov mentre dalle suddette fonti giornalistiche risulterebbe che vi sia un ordine di confisca dei beni a livello mondiale emesso nei suoi confronti dalla Gran Bretagna in quanto considerato proprio un “ladro di miliardi” secondo il titolo di un articolo de L’Espresso proprio di marzo di quest’anno. Ai tre ministri abbiamo chiesto di verificare se, quando Mukhtar Ablyazov ha soggiornato sul territorio italiano nel 2013, avesse titolo per farlo, se il Governo disponga di elementi, per ricostruire la dinamica che gli ha consentito di eludere l’arresto da parte delle autorità italiane e se risultino al Governo richieste di congelamento o confisca, sul territorio italiano, di beni a lui riconducibili anche tramite intestazioni fittizie, nonché quante condanne risultino attualmente a suo carico. Auspico che sul caso si faccia piena luce.

 

Elisabetta Barbuto (M5S Camera)

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