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Pierfranco Bruni

Questo tempo nostro è un tempo di paura. Bisognerebbe inventare un vaccino contro le paure.  Temerari e temporeggiatori. Da una parte Marco Aurelio e la saggezza della pazienza. Dall’altra Quinto Massimo. Il tempo della paura è diventato il rischio delle minacce. Si ha paura perché si viene minacciati o si minaccia per incutere timore? Ma c’è un pericolo che contrassegna una altra frattura di tempo che è quello dell’ignoranza. Il fatto è che più si ha paura ancora di più diventiamo ignoranti.

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L’ignoranza è una temperie sempre in agguato perché si serve dei luoghi comuni, delle parole del conformismo, della dipendenza sempre più assurda del potere. Il potere non ha pensiero perché è uno spazio del delirio della ambiguità politica. Quando viene meno il pensiero la ragione è finita. Se la ragione è finita vuol dire che si è entrati in un guerreggiare di tenebre nella caduta della conoscenza e nella sostituzione della virtù con il moralismo. Soffriamo il male del grido acuto che l’umano Cristo lanciò dalla Croce facendoci capire che era uomo fino in fondo fino al trucco della morta teologia dell’illusione.

Cristo lo hanno assassinato, un vero assassinio nato da un compromesso, perché aveva capito che non bisogna avere paura. Hanno inventato la resurrezione per far riemergere il timore dell’eterno e del dolore nella vita carnale e oltre il terreno. Siamo stati ingannati da un accordo di potere tra Costantino e il popolo prima giudaico cristiano e poi cristiano, senza renderci conto del male che serpeggia nella storia.

La teologia e la storia sono due strumenti per una strategia del terrore. Il tempo che abitiamo è l’ingombro dell’ignoranza che tenta di sconfiggere la ragione e, quindi, l’intelligenza della volontà di potenza che vibra le sue corde tra un umano troppo umano e un carismatico viaggio al di là del bene e del male.

È mai possibile che non si riesce a comprendere che il rischio dell’assurdo, che passa attraverso il controllo che nasce nella perseveranza minacciosa della paura, sta diventando una inevitabile difesa di un potere che non può concepire la minima discussione? Ma il potere non ammette, non accetta, non concepisce il pur minimo pensiero divergente. Non sarebbe potere. Il disgusto e l’angoscia provengono dalla politica del non senso che concede al potere di rendersi indiscutibilmente potere.

La finzione del concetto di democrazia è elemento di imbecillità ormai globale. Non esiste la democrazia. Cristo è stato ucciso “democraticamente” e i cosiddetti processi politici o processi definiti “popolari” sono l’astuzia della crudeltà del male per impedire al pensiero forte creare viaggi d’esistenza.. Perché il male esiste. La terribilità è il dominio, e per essere tale hanno bisogno del sabotaggio. Si dominano le intelligenze sabotandole attraverso il pensiero unico.

Gli stupidi concedono al pensiero unico di farsi potere e dominio. Anzi permettono al pensiero unico di innescare l’ignoranza come illusione di salvezza. Soltanto la leggerezza porta alla allusione della salvezza. Il tragico, il sentimento inquieto, la ragione di non accettare la democrazia come panacea portano alla conoscenza e all’uomo come volontà e come potenza. Gli uomini hanno bisogno di essere comandanti e non di sentirsi autorevoli nella libertà. Perché sei venuto a disturbarci: griderà l’inquisitore di Dostoevskij a Cristo. Gli uomini non conoscono il pensiero profondo e forte. Sono invaghiti dell’attesa messianica della futilità della speranza.

L’uomo vero non conosce la rassegnazione ma il crepuscolo. Ed ecco perché questo nostro tempo non riesce a distinguere il muro del rischio e la parete del pericolo dalla catastrofe. Bisogna avere il coraggio di oltrepassare l’assurdo e non sostare nella purificazione indecente del deserto insostenibile nella leggerezza dell’essere.

 

Bisogna andare oltre il capezzale del morente e spezzare la minaccia della paura. Ormai i popoli sono guidati da ciò. Ma da ciò non nascono le civiltà le identità le epoche. Non si eredita nulla. Da questo nostro tempo nasce il nulla il vuoto l’alienazione oppure la resilienza. Concetto sulla scena del ridicolo e della ignoranza banale senza pensiero. La volontà è potenza e quando non riesce ad essere tale è conoscenza.

 

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