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L’eutanasia e la sofferenza inutile, priva di senso
Si parlava di eutanasia sul blog de L’Espresso, curato da Stefania Rossini, e un lettore ha scritto:
“La sofferenza per l’essere umano, che non è solo fisica ma anche morale, è a mio parere il fondamento della sua coscienza. Credo che la sofferenza abbia grande e insostituibile rilevanza sia in campo religioso che filosofico. Difficile se non impossibile assistere a un percorso di santità senza la sofferenza e le privazioni. Parimenti in campo filosofico, non credo proprio che il continuo benessere, sotto tutti i punti di vista, possa acuire la coscienza al punto tale da suscitare pensieri e opere apprezzabili. Senza contare, tra l’altro, che la conoscenza, già di per se stessa, produce sofferenza, perché pone la solitudine dell’essere umano di fronte ai misteri dell’ineluttabilità della sorte e della morte”.
Ho integrato il discorso con un’interiezione e qualche avverbio. Così: “Purtroppo, la sofferenza per l’essere umano… Difficile, ahimè, se non impossibile assistere a un percorso di santità… Disgraziatamente, parimenti in campo filosofico, non credo proprio che il continuo benessere, sotto tutti i punti di vista, possa acuire la coscienza… Senza contare, tra l’altro, sfortunatamente, che la conoscenza, già di per se stessa, produce sofferenza, perché pone…”.
Il lettore, inoltre, sembra ignorare tranquillamente l’altra faccia della medaglia: la sofferenza, specialmente se subita da piccoli, porta spesso, purtroppo, alla delinquenza, alla durezza di cuore, all’abbrutimento. E non è solo la brama di potere e di benessere a spingere uomini malvagi a prevaricare su altri uomini, ma anche il timore della sofferenza, il desiderio di starne lontano.
Il discorso del lettore, però, c’entra poco o nulla con l’eutanasia. Quale senso potremmo mai dare, infatti, alla sofferenza di colui che la rifiuta non riuscendo più a sopportarla? Dovremmo affidarci alla fantasia.
Renato Pierri

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