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La sofferenza non piaceva al Signore del vangelo
Stranamente tanti uomini della chiesa cattolica, che tessono l’elogio della sofferenza, ad esempio Giovanni Paolo II con la Lettera enciclica “Salvifici doloris”, sembrano dimenticare che il Signore del vangelo cercò sempre con i miracoli e con la predicazione di estirpare per quanto possibile il dolore dalla faccia della terra, e cercò anche di evitarlo ai suoi apostoli: “Gesù rispose: – Ve l’ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate andare via costoro –“ (Gv 18,8). “Guardatevi dagli uomini… Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra” (Cf Mt 10). Se Gesù avesse ritenuto la sofferenza cosa buona, salvifica, perché avrebbe sanato storpi, lebbrosi, ciechi e sordi? Perché togliere loro l’occasione meravigliosa di somigliare a lui? E non sembra che la sofferenza e la morte lo entusiasmassero: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36). E dire che molti santi, avendo capito poco del vangelo, non solo hanno sopportato sofferenze inutili, ma se le sono anche procurate le sofferenze. E’ accaduto che così facendo, abbiano abbreviato la loro vita. Una sorta d’inconsapevole suicidio.
Renato Pierri

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