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Non si conoscono, per ora, identità dei protagonisti, luoghi e circostanze precisi ma l’indagine “Cerchio Magico”, di cui ieri hanno dato notizia i Carabinieri TPC della Calabria con un comunicato reso pubblico dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini a nove soggetti, tutti dipendenti della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio (ABAP) di Cosenza, all’epoca dei fatti, oltre all’imprenditore da costoro illecitamente favorito, conferma quanto anche questo ramo della pubblica amministrazione sia permeabile ai fenomeni corruttivi. Accade specialmente quando si assegnano ad uffici territoriali del Ministero della Cultura (MiC) situati in regioni e province prostrate dal malaffare, dirigenti caratterialmente deboli, molto sensibili, perciò, a pressioni esterne (siano esse lusinghe o minacce), quindi incapaci di stroncare eventuali dinamiche distorte ma incancrenite, nell’istituto, assicurandogli decoro, disciplina ed efficienza. Il teatro dell’operazione “Cerchio Magico”, che, preso spunto da un articolo di stampa del 2017, riguarderebbe fatti accaduti tra il 2014 e il 2018, sembra essere confinato al capoluogo bruzio e la cifra stornata a favore del privato si aggirerebbe, nel complesso, intorno ai 4 milioni di euro. Il danno d’immagine, oltre che erariale, è almeno pari e fa specie che per l’ennesima volta la Soprintendenza di Cosenza (oggi ABAP) confermi la propria fama sinistra… Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con quell’Ufficio ha infatti sentito parlare di cerchi magici, orbitanti intorno al tale funzionario o al tale dirigente, anche ben prima che la pessima riforma Franceschini creasse le soprintendenze cosiddette olistiche. La frequenza delle ispezioni più volte sollecitate ai vertici del MiC dal ‘personale sano’ dell’Ufficio cosentino, che per fortuna è la maggior parte, talvolta disposte effettivamente dal Segretario Generale e tali da produrre relazioni sconcertanti (risolte però in un nulla di fatto quando la palla ripassa alle Direzioni generali ABAP e Organizzazione per le decisioni conseguenti), farebbe del resto insospettire chiunque. Ciò nonostante, tutti sanno che ad ogni rinnovo della dirigenza dell’ufficio c’è un’alta probabilità che al Collegio Romano tirino fuori dal cilindro un coniglio spelacchiato, incapace di contrastare o addirittura incline a fare parte del ‘sistema’ che, per fortuna, gli ottimi investigatori del TPC sono riusciti a portare all’attenzione dell’Autorità Giudiziaria.

Margherita Corrado (Senato, Gruppo Misto – Commissione Cultura)

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