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La FCLIS chiede la revoca del Memorandum Italia Libia
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Se entro mercoledì 2 novembre il governo italiano non lo revocherà ufficialmente il Memorandum Italia Libia sarà prorogato automaticamente per altri tre anni.
Sottoscritto per la prima volta nel febbraio 2017 il Memorandum è un accordo tra il governo italiano e quello libico per impedire che migranti, rifugiati e richiedenti asilo raggiungano l’Europa.

Sulla carta, il Memorandum stabilisce che i Paesi sulle due sponde del Mediterraneo si impegnino in «processi di cooperazione, contrasto all’immigrazione illegale e rafforzamento della sicurezza delle frontiere», attraverso il sostegno alla cosiddetta guardia costiera libica, con fondi, mezzi e addestramento.
Nei fatti, non solo stabilisce che si contribuisca direttamente e materialmente al respingimento di uomini, donne e bambini, ma anche al mantenimento dei centri di detenzione – formalmente e ipocritamente definiti «di accoglienza» – dove le persone vengono sottoposte a trattamenti inumani e degradanti, se non abusate e addirittura uccise.

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Dal 2017 all’11 ottobre 2022, son quasi 100.000 gli uomini, le donne e i bambini intercettati nel Mediterraneo dai guardiacoste libici e riportati in un paese che non può essere considerato sicuro. Spesso arrestati, detenuti, sfruttati, privati di ogni diritto.
Pertanto, se non sarà ufficialmente revocato, rinnovandosi automaticamente il Memorandum continuerà ad alimentare la spirale di violenze, torture, abusi e detenzione arbitraria a cui sono sottoposti uomini, donne e bambini che – alla ricerca di un futuro dignitoso, e spesso in fuga dalla fame, dalle guerre, dalla repressione da parte di regimi dittatoriali e dispotici – rimangono intrappolati in Libia, un paese devastato dal conflitto, dove l’illegalità e l’impunità consentono alle bande criminali di prosperare, o in Libia vengono respinti, dopo essere stati recuperati in mare.
È necessario che i governi rimettano al centro la ricerca di soluzioni finalizzate alla tutela della vita delle persone e del diritto internazionale che ne è garanzia. Altrettanto urgente è un programma efficace di ricerca e salvataggio in mare a livello europeo, come pure che si prevedano canali di ingresso regolari, in modo che le persone non siano più costrette ad affidarsi ai trafficanti.

È dimostrato come i migranti intercettati in mare dalla Guardia Costiera libica e riportati forzatamente in Libia vengano rinchiusi nei centri di detenzione, in condizioni disumane, e siano sistematicamente sottoposti a torture, stupri e violenze. Quando tentano di opporsi al ritorno in Libia, gli ufficiali libici non esitano a sparare e a uccidere.

Come dichiarato dalle Nazioni Unite, dal Consiglio d’Europa e dalla Commissione europea nonché dalla stessa magistratura italiana, la Libia non può in alcun modo essere considerato un Paese sicuro e dunque le persone che tentano di fuggire non possono essere rimandate in quel Paese. Lo vietano il diritto internazionale e la nostra Costituzione.

Inoltre, il rapporto Out of Libya – pubblicato a giugno 2022 da Amnesty International – evidenzia i punti deboli dei meccanismi di protezione per le persone bloccate in Libia.
I pochi canali legali verso paesi sicuri messi a punto da UNHCR e dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) sono lenti e restrittivi.
Vi possono accedere solo le persone di 9 nazionalità, e l’accesso alla registrazione è quasi inesistente al di fuori di Tripoli e nei centri di detenzione e i posti di ricollocamento nei paesi di destinazione sono limitati. Delle circa 40.000 persone registrate con il programma di ricollocamento dell’UNHCR, solo 1.662 hanno lasciato la Libia lo scorso anno, mentre 3.000 sono partite con il programma di rimpatrio volontario dell’OIM. Circa 600.000 migranti vivono attualmente in Libia.

La FCLIS (Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera), nata in contrapposizione al regime fascista fra i migranti e dai migranti, si impegna da sempre per la tutela dei loro diritti all’insegna di processi inclusivi di integrazione. La sua storia si è consolidata nelle vicende della emigrazione italiana, e si riconosce nella rete dell’associazionismo accogliente e solidale che chiede la revoca del Memorandum.

 

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