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L’identità nazionale del Manzoni si apre al Novecento con il Risorgimento

 

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Pierfranco Bruni

 

Le lingue possono anche sopravviverci ma le identità restano e segnano il percorso dei popoli e delle civiltà. Tra i popoli e le civiltà ci sono i radicamenti che sottolineano le esistenze passate come ebbe a dire Alessandro Manzoni. Le lingue, la lingua sono le Patrie dei popoli. I popoli vivono di una storia che se non diventa identità resta cronaca. Le lingue dei “Promessi sposi” sono porti di un’Italia pre unitaria che prepara quella Identità nata nelle appartenenze.

 

“L’istituzioni, l’usanze, l’opinioni che hanno regnato lungo tempo in una o più società, lasciano ordinariamente nelle lingue, delle tracce della loro esistenza passata, e ci sopravvivono con un senso acquistato per mezzo dell’uso, e reso indipendente dalla loro origine: la stessa risposta che si darebbe a chi venisse a dire: o rimettete in onore l’astrologia, o bandite dal linguaggio i vocaboli: influsso, ascendente, disastro, e altri derivati dalla stessa fonte (Alessandro Manzoni).

 

Il senso di appartenenza è parte integrante di una “etica”  dell’identità. Quando si pone al centro di una discussione il concetto di identità nazionale si entra, sul piano fenomenologico, in una “idea” di appartenenza e, quindi, di radicamento in una memoria storica che è espressione di memoria e di radici in una sintesi antropologica e tout court culturale. La cultura di una Nazione è una geografia non solo “fisica”a spirituale. È l’identità di Patria.

 

Un dato fondante per definire anche la dimensione di una civiltà. La quale ha come riferimento la lingua, ma anche quel tessuto umano che è dentro il vissuto dei popoli. Elementi, questi, che formano il sostrato di un Essere, appunto, nella Storia. Aspetti che sono stati e restano fondanti nel pensiero post conversione di Alessandro Manzoni. L’identità nazionale che ha tracciato Manzoni è nel suo rapporto con il Risorgimento e con con quella temperie definita Romanticismo. In Manzoni il Risorgimento è epoca del Romanticismo che supera quella valenza illuminista per farsi nuovo rinascimento.

 

In Manzoni la Ragione non può reggersi senza la Fede intesa come valore a priori, ma soprattutto come “realtà” spirituale. Gli “Inni sacri” sono, sostanzialmente, il post Illuminismo e perciò costituisco l’oltre della Ragione pura o della Ragione intesa come prassi. È qui che si recupera il dato fenomenologico della Tradizione. Il sacro raccontato o recitato come senso dell “Inno”  è, chiaramente, non una chiave di lettura, ma è una affermazione di passato in coerenza continuità.

 

La storia resta una contestualità come nei “Promessi sposi”, ma è la rivelazione o meglio la redenzione che prende il sopravvento in un processo spiritualmente identitario oltre qualsiasi interpretazione di “categoria”.  Perché in ogni suo scritto la letteratura campeggia, ma è la visione ontologica che primeggia. Anche nelle tragedie il tragico è una antropologia metafisica che si innerva sia nel narrato che nella fisionomia dei personaggi che sono il centro della sua opera complessiva. Il tragico tra il male e il bene in una “grammatica” in cui le chiose fondamenti sono aggrappate alla tradizione che trova nella espressione identitaria il punto centrale della sua poetica – filosofia.

 

I suoi scritti filosofici definiscono proprio ciò, come è ben dichiarato in quel manifesto tra il bene e il male che sono l’intreccio forte della “Colonna infame”. Senza il tessuto spirituale antropologico non avrebbe senso una identità dentro l’appartenenza tra lingua Nazione e costruzione dell’opera attraverso il destino e la profezia dei personaggi. La provvidenza è un dato religioso che Manzoni inserisce nei suoi scritti, i quali sono, appunto, il manifesto tangibile di un andare oltre la sua stessa formazione illuminista che viene scardinata dal sentimento come valore spirituale dell’uomo che vive nel sacro non nella Ragione, ma nella ragione d’essere.

 

La ragion d’essere e non l’essere della ragione. Non vince il male ma il bene che è lo specchio riflesso nella Provvidenza. “La ragione e il torto non si dividon mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro” (Alessandro Manzoni). Tra il torto e la ragione regnano proprio il male e il bene. Infatti, Manzoni. Ed è qui che il legame tra lingua, identità, radicamento passano in quel Risorgimento che ha fatto di Manzoni il protagonista del superamento dalla Ragione – prassi all’Essere – spiritualità. Un traghettatore anche dell’epoca risorgimentale all’età dei Novecenti lunghi. Ed è così infatti che l’identità nazionale del Manzoni si apre al Novecento con il Risorgimento.

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