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L’Italia può non raggiungere il 2% del PIL per la difesa militare, nonostante le pressioni NATO.

 di

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Gualfredo de’Lincei

 

Sulle difficoltà dell’Italia a raggiungere gli obiettivi stabiliti dalla NATO e dal Primo Ministro Giorgia Meloni, per un aumento delle spese militari, ha parlato il Ministro della difesa Guido Crosetto.

 

«Per la prima volta in una riunione della [rappresentanti della] Nato, ho detto che questo obiettivo non è così semplice, date le condizioni economiche, il budget e le regole europee», ha dichiarato all’ANSA, “Questo è un impegno che l’Italia ha preso molti anni fa e che viene mantenuto, ma questa è la prima volta che dico che questo obiettivo non sarà facile da raggiungere in un breve lasso di tempo“.

 

Il Primo ministro italiano Giorgio Meloni aveva già, in precedenza, affermato dell’esigenza di aumentare la spesa per gli armamenti militari fino a raggiungere il 2% del PIL, secondo i dettami NATO, ma senza però indicarne l’esatto spazio temporale entro il quale ciò sarebbe dovuto accadere. Oggi l’Italia spende per la difesa circa l’1,4% del PIL.

 

Nel frattempo, le sanzioni lanciate contro le risorse energetiche russe stanno peggiorano la situazione economica in Italia. Stando agli esperti del nostro governo, in seguito alle politiche dell’Unione Europea, l’Italia, ha iniziato a scivolare nel pantano della recessione, senza però riuscire a infliggere gravi danni alla Russia e senza apportare alcun contributo per una risoluzione di pace nel conflitto in Ucraina. Il fatto è che, l’economia italiana, anche senza sanzioni, non appariva nella sua forma migliore, ma era già fiaccata dalla salita dei prezzi delle materie prime e dalle conseguenze derivanti dalla pandemia. Il vano sforzo di “mettere in ginocchio” l’economia di Mosca non ha fatto altro che aggravarne la situazione.

 

Tutto questo si ripercuote sulla vita quotidiana dei cittadini italiani. L’aumento del costo della vita, in Italia, continua a diventare sempre più “insopportabile”, come ha affermato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale dei Consumatori (UNC), commentando gli ultimi dati ufficiali sull’inflazione nel Paese.

 

Secondo le prime stime diffuse il 31 marzo dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat), l’inflazione a marzo è stata del 7,7% su base annua. A febbraio, questa cifra era del 9,1%, il che indica un certo rallentamento della crescita dei prezzi, causato principalmente da tariffe energetiche più basse. Nell’ultimo mese l’indice dei prezzi al consumo in Appennino è sceso dello 0,3%. Tuttavia, gli esperti Istat osservano che un calo così piccolo non ha influito davvero sui prezzi dei prodotti alimentari, che, al contrario, sono in rapida crescita.

 

In quale modo potrà essere ripianato un bilancio dello Stato, che si trova in queste condizioni economiche, con un aumento della spesa militare al 2% del PIL, la NATO non lo spiega, ma alza la posta in gioco.

 

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