Advertisement

Di Mahmoud Hakamian

 

Advertisement

Introduzione

  • Sette mesi dopo l’inizio della rivolta nazionale in Iran, non ci possono essere dubbi sul profondo malcontento del popolo iraniano nei confronti dell’attuale regime teocratico che ha governato il Paese per quattro decenni. Le proteste hanno portato in superficie la profonda frustrazione e rabbia che covava da molti anni. Il regime iraniano ha risposto con violenza, repressione e politiche economiche che hanno portato a una povertà diffusa. Nonostante queste sfide, il popolo iraniano chiede un cambiamento ed è determinato come mai prima d’ora a continuare la lotta per l’istituzione di una repubblica libera e democratica in Iran.
  • Per anni, i governi occidentali, spinti da interessi economici e di altro tipo, hanno rifiutato di riconoscere che il popolo iraniano vuole un cambio di regime. Ora, tuttavia, le prospettive di cambiamento non possono essere contestate.

Fatti innegabili

  • Il regime è travolto da crisi irrimediabili senza avere alcuna soluzione per uscire dall’attuale pantano. L’equilibrio di potere non tornerà a quello che era prima dell’inizio delle proteste nel settembre 2022.
  • A seguito di ogni ondata di proteste dal 2017, il regime è diventato più debole poiché la sua base di sostegno si è ulteriormente ridotta e le crisi economiche e sociali sono diventate più acute.
  • La condizione oggettiva che richiede un cambiamento è indiscutibile, fino al punto che è riconosciuta da vari funzionari all’interno del sistema.
  • Ogni ondata di proteste e rivolte dal 2017 è diventata più estesa e più radicalizzata sia nelle sue richieste che nella disponibilità del popolo ad affrontare le forze repressive del regime.
  • Il regime persisterà nella sua politica di repressione fino in fondo, rifiutando di modificare il proprio comportamento. Di conseguenza, aspettarsi il suo collasso da fattori interni è solo un’idea fantasiosa. L’unica linea d’azione praticabile è rovesciare il regime.

False narrazioni

  • Mentre le proteste continuavano nell’autunno del 2022, il punto focale della discussione, principalmente al di fuori dell’Iran, erano diverse questioni che ironicamente erano state indicate o promosse dal regime. Di seguito sono riportati solo alcuni esempi.

Il cambio di regime porterà alla disintegrazione dell’Iran  

  • Questa narrazione è sia fuorviante che divisiva, provenendo dallo stesso regime iraniano. Serve come strategia per contrastare le crescenti richieste di un completo cambio di regime da parte del popolo. I cosiddetti “riformisti” promuovono attivamente questa narrazione, insistendo che l’obiettivo primario dovrebbe essere preservare l’attuale regime al potere. Di conseguenza, la nozione di collasso del Paese è impiegata come tattica intimidatoria per dissuadere dal perseguire un cambio di regime.
  • È interessante notare che, accusando le diverse nazionalità ed etnie dell’Iran come i curdi, i baluci, gli arabi o altri di “separatismo”, i resti della dittatura dello scià in effetti agiscono consapevolmente o inconsapevolmente al servizio del regime.
  • In effetti, non esiste alcun movimento separatista tra nessuna delle etnie iraniane. Tuttavia, il regime iraniano impiega alcuni agenti per fare tali affermazioni infondate o per offuscare la situazione e promuovere i suoi obiettivi.
  • Al contrario, il CNRI (Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran) sostiene che preservare l’integrità territoriale dell’Iran richiede il riconoscimento dei pieni diritti di tutte le nazionalità ed etnie iraniane e incoraggia il loro coinvolgimento nella resistenza nazionale per una repubblica laica e democratica.

Guardare all’IRGC come forza per il cambiamento

  • L’idea di fare affidamento sull’IRGC per il cambio di regime è bizzarra, eppure ci sono quelli che la sostengono. Un tweet di un associato di Reza Pahlavi racchiude perfettamente questa prospettiva: “Molto interessante. La principessa Yasmine dice che un giornalista italiano che era stato in #Iran le ha recentemente detto che molti membri delle Guardie Rivoluzionarie vogliono che suo marito il principe ereditario @PahlaviReza torni in #Iran e aiuti a salvare il Paese”.
  • Reza Pahlavi aveva già riconosciuto di essere stato in contatto con l’IRGC e i Basij, esprimendo la convinzione che l’IRGC avesse un ruolo da svolgere per il cambiamento e il mantenimento dell’ordine nell’Iran post-clericale.
  • Uno degli schemi più elaborati ideati dal Ministero dell’Intelligence e della Sicurezza (MOIS) negli ultimi anni è stata la creazione di un nuovo gruppo di opposizione chiamato “Congresso dei Democratici Verdi Iraniani” (Iranian Green Democrats Congress), nel 2010. In una serie di interviste con media dubbi, un individuo di nome Reza Madhi si presentò come un ex generale dissidente dell’IRGC. Attirò ignari esuli iraniani affinché si unissero a lui per formare una coalizione di opposizione.
  • Nel 2011, il quotidiano francese “Le Figaro” pubblicò un articolo in cui citava un mercante in esilio che diceva: “Il generale Mohammad Reza Madhi, un ex ufficiale dell’IRGC, che è stato responsabile della sicurezza del regime per 12 anni, fino al 2008, si è recentemente unito ad Amir Jahanshahi, un funzionario con legami con il Movimento Verde”. “Le Figaro” aggiungeva: “Questo ex generale dice di aver lasciato l’Iran nel febbraio 2008 e di essere stato in contatto con la Guida Suprema Ali Khamenei fino al colpo di Stato effettuato durante le elezioni farsa in Iran nel giugno 2009”.
  • Due mesi dopo, il 6 aprile 2011, l’Agence France Presse (AFP) pubblicò un articolo dal titolo: “Iran: la formazione di un nuovo movimento unisce i dissidenti”. L’articolo affermava: “Il Congresso dei Verdi Democratici Iraniani (CVDI) comprende la maggior parte dei gruppi di opposizione iraniani ad eccezione dell’OMPI/MEK ( Mojahedin del Popolo dell’Iran ), la principale organizzazione di opposizione in esilio la cui sede si trova a nord di Parigi”.
  • Mentre il nuovo “movimento” era composto da individui con varie tendenze, per lo più costituzionalisti e cosiddetti “verdi”, la sua figura più importante era il generale dell’IRGC Mohammad Reza Madhi. La sua adesione era presentata come un’indicazione della sua presunta base di sostegno all’interno dell’IRGC.
  • Madhi, Jahanshahi e Mehrdad Khansari (un ex funzionario del regime dello scià) formarono un gruppo che chiamarono “Onda Verde”, che avrebbe dovuto agire come un “governo in esilio”. Quaranta persone parteciparono alla prima riunione di tale nuova coalizione il 26 marzo 2011, quando fu eletto un consiglio direttivo di nove membri.
  • In uno sviluppo drammatico il 9 giugno 2011, tuttavia, Madhi apparve improvvisamente alla TV di Stato iraniana, vantandosi di come aveva ingannato i “controrivoluzionari”. Sia la TV di Stato che l’agenzia di stampa ufficiale iraniana, IRNA, annunciarono con grande enfasi che Madhi era stato un agente del Ministero dell’Intelligence e della Sicurezza del regime (MOIS) per tutto il tempo e aveva infiltrato e ingannato con successo coloro che sostenevano di essere l’opposizione.
  • Il MEK ( Mojahedin del Popolo ), dopo avere condotto un’indagine attraverso la propria rete all’interno dell’Iran, rifiutò di collaborare con loro, cosa che portò a critiche e perfino a duri attacchi con l’accusa al MEK di non voler collaborare con altri gruppi di opposizione.
  • Il regime sta propagando questa falsa nozione nel tentativo di far deviare il corso della rivolta. Reza Pahlavi sembra servire inavvertitamente gli interessi del regime.

Un’illusione distruttiva e divisiva

  • Nel gennaio 2023, Reza Pahlavi e altre cinque celebrità – tra le quali un giornalista, un’attrice e un ex calciatore – hanno condiviso un identico messaggio di felice anno nuovo su Twitter. Il 10 febbraio, in una conferenza alla Georgetown University, a questo gruppo si sono unite altre due persone per dichiarare la costituzione di un’alleanza, con l’impegno di rilasciare prontamente una loro “carta di solidarietà” volta a unire tutte le opposizioni.
  • Il 10 marzo 2023 il gruppo ha presentato il proprio statuto e ha invitato altri a stringere un’alleanza. In seguito, ha partecipato a diversi forum politici, affermando una richiesta singolare: che i governi e le istituzioni politiche riconoscano come interlocutori legittimi loro piuttosto che il Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI).
  • Nonostante i suoi sforzi, il gruppo ha incontrato un’apatia travolgente del popolo iraniano. Anche una vasta campagna pubblicitaria, sostenuta da un’emittente televisiva in Farsi finanziata dai sauditi, non è riuscita a rafforzare il sostegno al gruppo.
  • La principale preoccupazione tra gli iraniani riguardo all’“alleanza” era la presenza di Reza Pahlavi, dato che evocava i giorni bui della dittatura di suo padre, non solo perché ha costantemente rifiutato di prendere le distanze dal suo sistema monopartitico, ma anche perché lo ha attivamente approvato e glorificato. Ha anche definito la rivoluzione del 1979 che ha rovesciato suo padre una “sedizione”, cosa che il popolo iraniano considera offensiva.
  • Il loro statuto è stato anche pesantemente criticato da molte parti. Una delle critiche più comuni è stata la mancanza del rifiuto di una dittatura del sistema monarchico in Iran, con il pretesto che una tale decisione, se mai, debba essere presa in futuro. Questa posizione è stata particolarmente preoccupante per molti iraniani, poiché durante le proteste a livello nazionale si gridava lo slogan “Abbasso l’oppressore, sia esso lo scià o Khamenei”. Questa omissione deliberata è stata vista come un lasciare la porta aperta a un’altra dittatura.
  • Il 10 aprile 2023, Reza Pahlavi ha annunciato in un tweet che le sue idee per espandere l’“alleanza” erano state respinte da altri. Di conseguenza, ha dichiarato che avrebbe lavorato anche con altri gruppi. La sua dichiarazione è stata ampiamente vista come il colpo di grazia alla tanto pubblicizzata “coalizione” nascente.
  • Successivamente, un altro membro della “alleanza”, Nazanin Boniadi, un’attrice diventata attivista politica dopo l’inizio delle proteste in Iran e senza alcun passato politico, ha cancellato il proprio account Twitter. Altre due celebrità che ne facevano parte – un’attrice e un calciatore – sono state chiaramente assenti dall’inizio di marzo, mostrando zero attività sulla scena politica.
  • Infine, il 21 aprile 2023, dopo il viaggio di Reza Pahlavi in Israele, Hamed Esmaeilion, un altro membro della “alleanza”, ha annunciato l’uscita dal gruppo. Quando gli è stato chiesto della sua decisione di andarsene, Esmaeilion ha rivelato che Reza Pahlavi aveva tentato di imporre al gruppo le proprie opinioni e quelle dei suoi associati, cosa alla quale altri membri si opponevano. Ha aggiunto che non c’è stato alcuno sforzo genuino per stabilire una struttura organizzativa con una dichiarazione di missione e uno statuto a cui tutti i membri possano aderire. Esmailion ha affermato che i monarchici respingevano gli altri iraniani come non patriottici, sostenendo che solo i monarchici fossero veramente patriottici. Ha anche espresso preoccupazione per gli attacchi informatici sistematici e dannosi da parte degli associati di Reza Pahlavi contro altri per far avanzare la propria agenda.
  • Questo atteggiamento di mentalità autocratica è stato ulteriormente enfatizzato durante il viaggio di Reza Pahlavi in Israele, dove un piccolo gruppo di suoi sostenitori iraniani lo ha accolto con canti di “Javid Shah” – che significa “Eterno sia il re”.
  • Reza Pahlavi si era imbarcato in un giro-spettacolo in Israele nel disperato tentativo di ottenere un certo grado di riconoscimento, cosa che non gli era riuscita con il suo viaggio europeo. Tuttavia, il giro in Israele non lo ha aiutato; invece, gli si è ritorto contro in quanto ha rafforzato l’opinione che il suo obiettivo primario e la sua ambizione sia diventare “re dei re”, un titolo che suo padre usava prima di essere ignominiosamente rovesciato dal popolo iraniano.
  • Il 29 aprile si è svolta una manifestazione a Londra per chiedere la designazione dell’IRGC come gruppo terroristico. La manifestazione si è trasformata in caos quando alcuni degli associati di Reza Pahlavi hanno tentato di cooptarla come dimostrazione di sostegno per lui, ma sono stati respinti dai partecipanti. Gli associati di Pahlavi hanno quindi iniziato ad aggredire verbalmente il loro ex alleato, Esmaeilion, che era uno degli oratori della manifestazione, accusandolo di essere un agente dell’IRGC.

Conclusione

La formazione di una coalizione tra gruppi politici in qualsiasi Paese, in particolare tra i gruppi di opposizione a una dittatura, richiede alcune caratteristiche, senza le quali tali sforzi sarebbero divisivi e controproducenti. Prima di tutto, una tale coalizione deve avere serietà politica, militare o organizzativa; altrimenti, sarebbe solo sulla carta. Inoltre, deve:

  • essere basata su princìpi comuni;
  • essere radicata nella società, riflettendo le aspirazioni della popolazione;
  • includere gruppi politici e individui con una chiara storia di impegno per i valori democratici;
  • includere individui disposti a fare i sacrifici necessari e
  • soprattutto, consistere in gruppi e organizzazioni impegnati nella resistenza contro la dittatura. Questo perché, in assenza di opportunità per libere elezioni, la legittimità deriva dalla resistenza, che implica l’impegno per la libertà e la democrazia.

 

 

 

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Advertisement
Articolo precedenteAvv. Stefano Galeani Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma – ELEZIONI COMITATO PARI OPPORTUNITA’ 11 e 12 Maggio Palazzaccio (P.za Cavour)Ordine degli Avvocati di Roma – ELEZIONI COMITATO PARI OPPORTUNITA’ 11 e 12 Maggio Palazzaccio (P.za Cavour)
Articolo successivoELEZIONI PER IL COMITATO PARI OPPORTUNITA’

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui