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IL PUNTO   n. 917 del 7 luglio 2023

di MARCO ZACCHERA 

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Sommario: Sulla “rivoluzione dei giovanissimi” in Francia serve una riflessione più ampia del commento di cronaca coinvolgendo anche l’aspetto immigrazione in Europa che l’UE continua a minimizzare e l’Italia a subire.

Se condivido la posizione del governo su MES e PNRR, sarebbe gesto di stile invitare Sgarbi a dimettersi: con i suoi eccessi ed il turpiloquio ha davvero stufato.

Anche per la vicenda Santanchè si pone il problema, ma è assurdo essere indagati da mesi ed ufficialmente neppure saperlo: riecco la disputa politica con i magistrati di Milano.

Intanto, con rabbia e tristezza, prendo atto che chiude “STORIA IN RETE” l’unica rivista storica ben fatta e culturalmente “di destra” in edicola. Incredibile che proprio quando il centro-destra è al governo non si aiuti una voce seria, alternativa e utile, salvo poi lamentarsi dell’egemonia culturale a sinistra. Assurdità, superficialità e menefreghismo… insomma, la solita storia!

 

ATTENZIONE: COME OGNI ANNO DURANTE I MESI ESTIVI IL PUNTO RALLENTA NELLE USCITE PER NON DISTURBARE TROPPO E VI ARRIVERA’ PIU’ O MENO OGNI 15 GIORNI (ANZICHE’ OGNI VENERDI’) FINO A META’ SETTEMBRE.       BUONE VACANZE, ALMENO PER CHI LE FA!

 

RIDURRE FONDI PNRR E NO AL MES

La gran parte degli italiani non ha ancora ben capito perché il governo voglia rallentare i fondi del PNRR e dice no al MES, il fondo salva-stati. Con parole semplici va ricordato che non sono soldi regalati ma da restituire con gli interessi e per un paese indebitato come il nostro sono diventati – con i tassi alti imposti dalla BCE, ben diversi da quelli di tre anni fa – un pessimo affare.

Non solo, come più volte ho scritto i fondi del PNRR si stanno usando non per opere importanti e strategiche ma per una infinità di spese “correnti”, soldi spesso spesi male,  sprecati, oggetto di corruzione “perché tanto non costano”. Chi ha visto l’ultimo numero di “Report” ne sarà rimasto sconcertato.  Ancora di più la necessità di risparmio vale per il MES che – una volta sottoscritto – non impone di accedervi, ma in caso di necessità obbligherebbe l’Italia a condizioni-capestro pericolose, vedi la Grecia.

E attenti agli abusi: le “operazioni sospette” di carattere finanziario segnalate da banche, pubblica amministrazione e poste legate al PNRR sono già decine di migliaia.

Morale: se siete indebitati, prima di chiedere altri prestiti ci pensate a lungo: è esattamente quello che deve fare l’azienda-Italia se – per una volta – la politica fosse intesa a lungo termine e non solo guardano a un vantaggio momentaneo.

 

SGARBI E SANTANCHE’, DIMISSIONI?

Vittorio Sgarbi è indubbiamente un grande conoscitore d’arte, ma da troppo tempo urla regolarmente sopra le righe ed offende il prossimo, incurante dei ruoli che occupa. Anche Giorgia Meloni deve rendersi conto che è doveroso imporre un certo lessico e un certo stile ai suoi collaboratori e dare uno stop a chi vive di eccessi. Questo deve valere quindi anche per Sgarbi soprattutto perchè il suo personaggio si auto-alimenta soprattutto dalle polemiche, oltre che dalla assurda contemporanea di incarichi e cariche che riesce a ricoprire.

Più complicato il discorso sulla Santanchè per la quale – almeno per ora – l’opportunità varrebbe più della norma. Inaccettabile però che sia indagata da otto mesi senza esserne informata, mentre la notizia viene comunicata prima a un quotidiano di opposizione. Guarda caso c’è sempre di mezzo la Procura di Milano…

 

Approfondimento: LA RIVOLTA IN FRANCIA

Le notizie francesi sulla “Rivolta dei giovanissimi” in Italia sono state lette soprattutto come fatti di cronaca, ma si fanno pochi sforzi di approfondimento sulle motivazioni profonde di una situazione esplosiva che dovrebbe fare riflettere tutta l’Europa.

Se il pretesto è stata l’uccisione di un giovane di 17 anni (già pluri-denunciato e colpito da un poliziotto dopo aver forzato un posto di blocco), in tutta la Francia sta infatti crescendo una nuova generazione che non riesce e non vuole integrarsi nella comunità e che rifiuta l’omologazione culturale e sociale di un paese che sulla “egalité” aveva ed ha scommesso il proprio futuro.

Sono giovani francesi figli (e nipoti) della grande ondata migratoria che ha riempito la Francia, soprattutto dal Nordafrica e dalle ex colonie francesi, che proprio nella loro “diversità” trovano motivi di aggregazione rifiutando le strutture stesse di uno stato che considerano “nemico” perché non se ne sentono parte. Sono diventati “grandi numeri” che affrontano un disagio fatto di abbandono scolastico, larghe sacche di disoccupazione e difficoltà economiche e costituendo interi quartieri che sono diventati vere e proprie comunità alloctone, spesso in un ambiente visibilmente degradato. Frutti antitetici agli obiettivi (falliti) di una politica francese che da anni come scelta strategica aveva voluto invece cancellare, almeno ufficialmente, proprio tutte le diversità etniche, culturali, sociali e religiose.

Siamo arrivati al paradosso che in alcuni quartieri (o “case-quartiere” visto gli enormi agglomerati residenziali di periferia) non entri e non vivi se non sei originario di un determinato paese africano, ma poi è vietato indicare in un curriculum la tua etnia di provenienza o una scelta religiosa. Appare assolutamente ipocrita non voler riconoscere la realtà di questo fallimento quando – soprattutto nel mondo musulmano – sono invece proprio queste le caratteristiche più importanti e che vengono sublimate soprattutto da chi non ha altri motivi di integrazione. Non c’entra nulla la morte del giovane Nahel con l’assalto a un municipio o con il saccheggio di 800 negozi, ma è la “vendetta” generata da una rabbia profonda ed iconoclasta non per l’episodio in sé, ma di rabbia razziale contro i simboli del potere e della ricchezza negata.

Macron è in forte difficoltà: senza una maggioranza parlamentare stabile, stretto da una estrema destra che gli chiede più rigore e condizionato da una sinistra che lo attacca, oscilla tra appelli e pressioni opposte, mentre ormai non solo le periferie bruciano per una rivolta che si estende e può diventare incontrollabile, con un pericoloso spirito emulativo e dove il rischio di infiltrazione terroristico-religioso è evidente, a rischio di ulteriore degenerazione. Sull’altro fronte si moltiplicano anche i gruppi di “autodifesa” spesso armati e ufficialmente coperti da associazioni di tiro a segno.

Certo fa effetto prendere atto che nel mirino ci sia proprio il ministro dell’interno Darmanin – potenziale successore di Macron e molto pieno di sé  – che solo due mesi fa attaccava la Meloni sulle politiche migratorie italiane e che ora appare manifestamente incapace di controllare la propria situazione interna.

Così come appare surreale che l’ONU sostenga come proprio in Francia la polizia attuerebbe discriminazioni etniche (quando la “Gendarmerie” è un evidente esempio interraziale) e le stesse Nazioni Unite tacciono per gli attacchi in tutta l’Africa di carattere religioso contro i cristiani o intervengono su paesi che praticano abitualmente la pena di morte o la discriminazione femminile. Solo nella stessa Francia in un anno ci sono stati una ventina di attentate a chiese e oltre 800 episodi di violenza anti-cristiana, notizie più o meno tenute sotto traccia, ufficialmente per non alimentare le contrapposizioni ma soprattutto per coprire le responsabilità del governo.

Ipocrisia nell’ipocrisia ci si rifiuta anche in Italia di prendere atto che – superando un limite fisiologico di assorbimento – è difficile integrare chi ha caratteristiche molto diverse dalla comunità ospitante e le conseguenze dell’“entrate tutti!” diventano evidenti, salvo per chi a livello italiano ed europeo non ne vuole prendere atto.

 

CHIUDE “STORIA IN RETE”: OCCASIONE PERDUTA  

Dopo 19 anni e 198 numeri (oltre a 20 numeri monografici) il bel mensile “STORIA IN RETE” cessa le pubblicazioni. Lo fa perché non ha sovvenzioni e mezzi economici per sopravvivere, proprio mentre la destra politica è al potere. Viene così cancellata l’unica rivista storica documentata e seria che in questi anni ha cercato di presentare i fatti storici al di là degli schemi e dei preconcetti, dando chiavi di lettura (e rilettura) importanti. Strana questa destra che non vuole avere radici, disinteressata alle proprie origini, quella stessa parte politica che poi si lamenta se la sinistra detiene il monopolio culturale, informativo e storico, ma che evidentemente non capisce quanto la Storia sia importante.  Un vero peccato e tanta rabbia. Penso ai fondi sciupati – per esempio – dalla “Fondazione Alleanza Nazionale” che anni fa, invece, aveva abbonato alla rivista tutti i suoi iscritti (e se oggi perde queste occasioni, non si capisce a che cosa serva).

Per “STORIA IN RETE” sarebbero bastate poche decine di migliaia di euro per sopravvivere, ma il silenzio politico è stato letteralmente “tombale”…

Grande occasione scioccamente perduta!

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