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QUELLE STUPIDE INCISIONI SUL COLOSSEO. DI DUEMILA ANNI FA

 

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Diciassetteluglioventiventitré, di Pasquale D’Aiuto.

L’Amphitheatrum Flavium, detto Colosseo, è il più grande anfiteatro romano al mondo: in grado di contenere un numero di spettatori stimato tra 50.000 e 87.000. Edificato a partire dal 70 d.C., inaugurato nell’80. Uno stadio, il luogo del popolo per eccellenza: ricordate “Panem et circenses”? Ecco, quella roba lì.

 

Si tratta di un edificio che, nel corso dei secoli, ha subito delle vicissitudini estreme: terremoti, spoliazioni, crolli… ma pure vicende deprecabili e fantasiose: fu adibito, nel VI secolo, ad area di sepoltura; poi, utilizzato come castello. Tra il VI e il VII secolo fu fondata, al suo interno, una cappella oggi nota come chiesa di Santa Maria della Pietà al Colosseo.

 

A lungo utilizzato come fonte di materiale edilizio, nel XIII secolo fu occupato da un palazzo dei Frangipane, successivamente demolito; in ogni caso, continuò a essere occupato da altre abitazioni. I blocchi di travertino furono sistematicamente asportati nel XV e XVI secolo per nuove costruzioni; e quelli caduti furono ancora utilizzati nel 1634 per la costruzione di Palazzo Barberini e nel 1703, dopo l’ennesimo terremoto, per il porto di Ripetta.

 

Solo nel 1744 papa Benedetto XIV ordinò la fine delle spoliazioni, con un editto – grazie, Wikipedia!

 

Cambio di visuale: Pompei. Le mura della città, ricche di iscrizioni che gettano uno squarcio di luce su una società così tanto lontana – e pur così tanto vicina – alla nostra. Quante? Oltre diecimila (10.000)! Spot elettorali, frasi sconce, insulti, informazioni ed elenchi su debiti contratti e loro debitori e così via. Ne ricordo una: “Mi meraviglio di te, parete, che non sei ancora crollata, perché devi sostenere le cretinate scritte da tutti”. E ho detto tutto – sul web ne troverete delle belle. Anzi: bellissime!

 

Eh, però i Romani scrivevano anche sulle mura del Colosseo. E mica soltanto loro! Iscrizioni falliche, un rombo dal significato esoterico, i nomi dei cavapietre, una fronda di palma in rosso simbolo di vittoria, le lettere “VIND” (vindicatio: vendetta?). E come poteva essere diversamente, nel tempio dei giochi e delle emozioni per eccellenza? Poi, nel 1892, tale J. Milber comunicò al mondo di esser partito dalla città di Strasburgo per visitare l’anfiteatro – grazie, Archeomedia; grazie, Archeostorie! Visto, quanto è bello il web?!

 

Oggi: turisti processati ed esposti (letteralmente) al pubblico dileggio perché scrivono sulle antiche mura – anzi, quel che ne resta – frasi tipo “Me+te=love” oppure le proprie iniziali. Certo, il ministro Sangiuliano (quello che vota, allo Strega, i libri senza leggerli) è indignato: non si fa, è patrimonio mondiale! Un sito unico, prezioso: come dar torto a chi reclama multe e galera?

 

Eppure, un paio di provocazioni sovvengono. La prima: ma avete visitato il Colosseo? Io sì, di recente; e, francamente, tutta questa cura da parte di chi dovrebbe custodirlo non l’ho proprio vista, a partire dall’esterno. Diciamo che il suo stato non ispira il turista a particolare rigore, mentre ci gironzola dentro… La seconda: ma non è che, tra un millennio o due, quelle scritte che oggi combattiamo (si fa per dire), potrebbero essere stesse divenire archeologia e, quindi, noi stiamo nascondendo preziose informazioni agli storici del futuro?!

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