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Summit di Pietroburgo: l’Africa fa sentire la sua voce

di Mario Lettieri e Paolo Raimondi

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Il 28 luglio scorso è terminato a San Pietroburgo il secondo summit Russia –  Africa. Vi hanno partecipato 49 Stati africani, rappresentati in alcuni casi da  capi di governo, in altri da ministri degli esteri o da ambasciatori. Il primo  summit fu organizzato a Sochi nell’ottobre del 2019. Nel frattempo il mondo è  stato profondamente cambiato dal Covid e dalla guerra in Ucraina.

Molta stampa ha cercato di presentare il summit come un fallimento, poiché,  rispetto a quello di Sochi, a San Pietroburgo sarebbe stato presente un numero  inferiore di capi di Stato e di governo. Il fatto è vero, si è passati da 43 capi di  Stato a 17, frutto di grandi pressioni occidentali. Anche se questa volta sono  venuti altri capi di Stato importanti, come quello del Camerun, che non erano  stati a Sochi.

A nostro avviso sarebbe un grave errore di calcolo geopolitico se  l’Occidente, e in particolare l’Unione europea, valutasse il summit  semplicemente come un atto di propaganda di Mosca o come un cedimento  dell’Africa alle pressioni e alle supposte “manipolazioni” della Russia.

Sarebbe invece opportuno leggere la Dichiarazione finale non come un  compromesso di posizioni ma come una dichiarazione programmatica e  d’intenti dei paesi dell’Africa nei confronti del mondo intero. Ovviamente, la  mano del Cremlino c’è stata ma si è limitata a far si che la parola “Ucraina”  non fosse mai menzionata nella Dichiarazione.

L’Africa riafferma la necessità di opporsi al neocolonialismo, che impone  condizioni e doppi standard, e di non permettere che queste pratiche privino gli  Stati e i popoli del diritto di compiere scelte sovrane nei loro percorsi di  sviluppo. Chiede di “contrastare l’imposizione nelle organizzazioni  internazionali, principalmente nelle Nazioni Unite, di linee di divisione che  ostacolano l’effettiva ricerca di soluzioni a questioni urgenti nell’agenda  dell’Onu, comprese quelle che riguardano interessi vitali degli Stati africani…  L’Africa vuole contribuire alla creazione di un ordine mondiale  multipolare più giusto, equilibrato e stabile”. Ciò non è cosa da poco anche  rispetto alle chiusure degli Usa e dell’Occidente in genere rispetto a tale  necessità.

Nel campo economico e programmatico le posizioni dell’Africa sono anche più  precise. Si afferma “l’opposizione all’applicazione di misure restrittive  unilaterali illegittime, anche secondarie, e alla pratica del congelamento delle

riserve valutarie sovrane.” Ovviamente è un’affermazione anche nell’interesse  della Russia, per via delle sanzioni imposte dall’Occidente, ma riflette  soprattutto la crescente preoccupazione, più volte espressa da tutti i Paesi  emergenti, sull’utilizzo generalizzato delle sanzioni come arma di guerra.

Il sostegno dell’Africa a un processo politico multilaterale è manifestato  chiaramente quando si dichiara di voler contribuire a una crescita  economica sostenibile e globale e a un sistema più rappresentativo di  governance economica internazionale per rispondere efficacemente alle sfide  economiche e finanziarie globali e regionali. E anche quando si vuole  “facilitare la ristrutturazione dell’architettura finanziaria globale per affrontare  meglio le crescenti esigenze di sviluppo e riflettere gli interessi e la crescente  influenza dei paesi in via di sviluppo e per superare l’impatto negativo delle  condizioni loro imposte in relazione al pieno ed effettivo godimento dei diritti  umani.”

Naturalmente si esprime profonda preoccupazione per le sfide legate alla  sicurezza alimentare globale, compreso l’aumento dei prezzi dei prodotti  alimentari e dei fertilizzanti, e l’interruzione delle catene di

approvvigionamento internazionali, che hanno un impatto sproporzionato sul  continente africano. Si sostiene, inoltre, la necessità di misure finanziarie  multilaterali inclusive che alleggeriscano l’onere del debito per i paesi a basso e  medio reddito.

Decisivo per l’Africa è “il rispetto dei principi e degli scopi fondamentali della  Carta delle Nazioni Unite per promuovere il ruolo centrale di coordinamento  dell’Onu come il principale meccanismo multilaterale globale.” L’adesione  dell’Unione africana (Ua) al G20 sarebbe un passo importante nella giusta  direzione, così come l’auspicata partnership dell’Ua con i Brics.

Particolarmente rilevante è proprio la centralità data all’Onu rispetto al ruolo  assegnatole dai 193 paesi aderenti. Purtroppo, nonostante la drammaticità  di questo delicato momento, i paesi europei hanno scelto di svolgere un  ruolo subalterno.

*già sottosegretario all’Economia ** economista

 

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