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Giornata Internazionale dell’alfabetizzazione: in Sahel la chiusura delle scuole è aumentata del 20% nell’ultimo anno, 1,4 milioni di bambine e bambini non hanno accesso all’istruzione. Il numero più alto di chiusure di scuole primarie in Burkina Faso, seguito da Mali e Niger

L’Organizzazione chiede ai governi e alle parti interessate di proteggere il diritto all’istruzione di bambine, bambini e adolescenti nel Sahel, sostenendo l’attuazione della Dichiarazione sulle scuole sicure.

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L’aumento della violenza nella regione del Sahel – Burkina Faso, Niger e Mali – ha portato alla chiusura di quasi 7.800 scuole primarie, con un aumento del 20% nell’ultimo anno, secondo quanto dichiarato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro.

A giugno 2023, circa 1,4 milioni di bambine e bambini non hanno avuto accesso all’istruzione e alle competenze necessarie per contribuire pienamente alle loro comunità da adulti, 200 mila in più rispetto a giugno dello scorso anno, quando furono chiuse circa 6.400 scuole primarie, con un impatto su circa 1,2 milioni di bambini[1].

In occasione della Giornata Internazionale per la protezione delle scuole dagli attacchi, Save the Children invita i governi e le parti interessate a prendere provvedimenti per proteggere l’istruzione delle bambine e dei bambini nel Sahel, sostenendo l’implementazione della Safe Schools Declaration, che rappresenta un impegno e un quadro di riferimento per consentire agli Stati di proteggere l’istruzione nei contesti fragili.

A seguito della recrudescenza della violenza nel Sahel, molti bambini e insegnanti sono troppo spaventati per andare a scuola. Ci sono stati anche casi di gruppi armati che hanno attaccato direttamente le istituzioni scolastiche e danneggiato gli edifici. Molti bambini sono sfollati a causa del conflitto e non hanno più accesso all’istruzione. Il numero più alto di chiusure di scuole primarie si registra in Burkina Faso (5.318), seguito da Mali[2] (1.545) e Niger[3] (958).

“Siamo fuggiti dal nostro villaggio e non ho con me nessun documento che provi che sono andato a scuola altrove. Abbiamo lasciato tutto lì quando siamo fuggiti da casa”, ha raccontato Mohamed*, 13 anni, che con la sua famiglia ora vive a Pissila, in Burkina Faso. “Quando vado a letto la sera, non riesco nemmeno ad addormentarmi. Se penso che non potrò più fare quello che facevo prima, mi fa davvero male. Questa situazione compromette il mio futuro perché la scuola avrebbe migliorato la mia vita, ma ora non possiamo più andarci”.

Molti bambini della regione sono stati uccisi e feriti o hanno assistito a violenti attacchi. “Hanno lanciato qualcosa e quando è esploso tutti sono andati nel panico. Alcune persone erano nella boscaglia, altre a casa, ma noi eravamo a scuola. Qualcuno è rientrato nelle aule camminando rasoterra, altri sono scappati in tutte le direzioni, altri ancora si sono nascosti nelle aule. Io sono tornato a casa strisciando. Ho scoperto che la gente si era chiusa in casa e i bambini piangevano”, racconta Moussa*, 12 anni, di Tillaberi in Niger.

La violenza in tutta l’Africa occidentale e centrale aveva già un impatto devastante sull’istruzione dei bambini: nel 2022, 57 milioni di minori dell’Africa centrale e occidentale non frequentavano le scuole, quasi un quarto dei bambini di tutto il mondo[4]. Ad oggi, nella regione 17 Stati su 27 hanno sottoscritto la Safe Schools Declaration.

“La violenza armata nel Sahel sta privando le bambine e i bambini della loro istruzione e del loro futuro”, ha dichiarato Vishna Shah, Direttore regionale di Advocacy e Campagne di Save the Children. “Gli attacchi alle scuole devono cessare subito. I bambini e gli insegnanti devono poter frequentare la scuola senza temere la violenza. L’istruzione dei più piccoli non può essere sospesa. I governi e le parti interessate del Sahel devono fare tutto il possibile per proteggere il diritto all’istruzione dei bambini, anche implementando la Safe Schools Declaration e le sue linee guida”.

 

*I nomi sono stati cambiati per proteggere l’anonimato delle persone intervistate

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