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IL PUNTO n. 953 del 3 maggio 2024
di MARCO ZACCHERA

Sommario: Liste alle europee, un primo maggio un po’ spento sotto il diluvio, una “Giustizia” che a Verbania rischia di condizionare le elezioni e un commento finale sulla recente condanna a Gianfranco Fini.

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EUROPEE, TRA GENERALI E COMPROMESSI
Credo che Salvini abbia fatto bene a candidare il gen. Roberto Vannacci alle “Europee” nelle liste della Lega sia perché il generale rappresenta comunque l’opinione di molti (ed ha avuto il coraggio di scriverlo nonostante la quotidiana serie di polemiche e censure), ma anche perché la Lega si è ripresa così un po’ di visibilità propria ed ha visibilmente occupato quella fetta di potenziale elettorato lasciata libera da Giorgia Meloni che – volente o no – deve tenere posizioni e ruoli più moderati, da leader di governo più che di partito.
Ovviamente Vannacci è super-attaccato per ogni frase che pronuncia, ma lo è dell’intellighenzia progressista (che non ha di solito neppure letto i suoi libri o per intero un suo intervento), non certo dalla gente comune.
Oltretutto estrapolando una frase dal contesto si riesce sempre a crocefiggere chiunque.
Mi chiedo piuttosto che senso abbia invece candidare per FDI Vittorio Sgarbi, di fatto cacciato dal governo per le sue ben note e poco edificanti vicende personali, e che quindi non credo qualifichi o porti un valore aggiunto alle liste della Meloni, tutt’altro.
Sempre a proposito di liste, l’assurdo è poi candidare leader che non andranno mai a Bruxelles e presunti “acchiappavoti” quando sono antitetici tra loro.
Mi riferisco per esempio alla contemporanea candidatura nel PD di Alessandro Zan (leader LGBT ecc.) e di Marco Tarquinio, il supercattolico ex direttore di “Avvenire”. Qual è la linea politica del PD se nelle stesse liste si affollano abortisti, transgender e i più strenui difensori delle nuove forniture di armi all’Ucraina, ovvero esattamente l’opposto di quello che sostiene Tarquinio? Il PD, insomma, è pro o contro le armi all’Ucraina, pro o contro la famiglia naturale, pro o contro il fine-vita? Questa è la vera ipocrisia di fondo di un partito che dice e sostiene tutto e il suo esatto contrario pur di raccattare consensi, eppure nessuno sembra avere il coraggio di sottolinearlo.
Tra l’altro – se veramente il PD avesse voluto dare una mano a Ilaria Salis, detenuta a Budapest – avrebbe dovuto offrirle un posto in lista, visto che la “orgogliosa militante antifascista” ha ben poche possibilità di essere eletta con l’estrema sinistra. A meno che pure il PD si sia reso conto che la fanciulla non è certamente uno stinco di santo.

FASSINO
Conosco Piero Fassino da 40 anni e lo considero una persona onesta, non ci credo che volesse davvero rubare una bottiglietta di profumo al duty free di Fiumicino ed è molto triste che la politica si abbassi a polemizzare su episodi come questi.

PRIMO MAGGIO
Primo maggio, festa del lavoro. Parole ultra-scontate e rituali di Mattarella, poca gente ai pochissimi comizi sindacali in giro, gran concertone a Roma per un appuntamento che è diventato l’unico vero richiamo di una festa vetusta. Un concerto lunghissimo, ma d’altronde per chi va sul palco a San Giovanni il futuro artistico è assicurato e in campo artistico-musicale è questo quello che conta.

VERBANIA: UNA GIUSTIZIA “INGIUSTA” ?
Negli ultimi mesi Verbania è stata scossa dalla vicenda del licenziamento da parte del sindaco della segretaria generale del comune “rea” di aver protestato e di averla denunciata per assunzioni ritenute irregolari, caso finito sui giornali e in TV a livello nazionale. Dopo tanti mesi di indagini LA PROCURA NON DICE NULLA SUI RISULTATI DELL’INCHIESTA. Questo silenzio non è trasparente perchè se sindaco e giunta sono innocenti va detto con chiarezza allontanando le nubi e le polemiche che si sono addensate su di loro, ma se ci sarà invece un rinvio a giudizio è grave non dirlo e deciderlo PRIMA delle elezioni, visto soprattutto che i due principali candidati a sindaco della sinistra sono proprio due ex-assessori e potenzialmente corresponsabili della vicenda (oltre alla nuova candidatura della stessa sindaco).
Tra l’altro il candidato-sindaco della ex sindaco (scusatemi il giro di parole) pare fosse proprio quello che in giunta più insistette perché le spese per la difesa del sindaco fossero messe a carico del comune, aspetto che trovo scorretto, non solo politicamente. Per questo il silenzio della Procura dopo tanti mesi rischia di diventare una scelta “politica” e di inquinare le stesse elezioni e potenzialmente condizionare i suoi risultati. L’ opinione pubblica ha il diritto di sapere i fatti e di poter quindi scegliere di conseguenza, perché la Giustizia deve essere equa, libera, ma anche ragionevolmente tempestiva, altrimenti appare di parte.

Approfondimento: LA CONDANNA DI FINI
Lascio ad avvocati e giuristi il giudizio se la condanna di Gianfranco Fini a due anni e otto mesi per la vicenda della casa di Montecarlo (ceduta più o meno consapevolmente al cognato) sia stata una sentenza pesante o meno, se sia stata tardiva e/o a rischio prescrizione, se davvero abbia effettivamente accertato la colpevolezza dell’imputato (l’accusa aveva chiesto 8 anni) per lo specifico reato di riciclaggio.
Resta il fatto – e scrivere di queste cose mi lascia una profonda tristezza – che questa vicenda segnò ed ha segnato di fatto la fine politica di chi per molti anni era sembrato il “delfino” di Berlusconi e, ripercorrendo le tappe di questa infinita storia giudiziaria, non resta che prendere atto della parabola di un personaggio politico che seppe sdoganare la destra italiana nel 1994 ma che si trovò a dover sempre condividere la scena con un leader complicato come Berlusconi che ammetteva alleati solo poco più che genuflessi e che in Fini, dopo un primo periodo di cordialità, vide quasi subito un pericoloso “competitor” piuttosto che un suo possibile quanto lontano erede o successore.
Non si può tra l’altro neppure dire che Fini non ebbe il coraggio e la pazienza di attendere, perché la parentesi berlusconiana è stata in effetti lunghissima (e in qualche maniera continua ancora) con vere e proprie occasioni di culto della personalità e pietosi silenzi su infinite situazioni decisamente fuori le righe.
Fini prima si illuse, poi si ribellò, forse non attese abbastanza o dette troppo ascolto ai cattivi consiglieri che soffiavano sul fuoco delle loro rivalità personali – stiamo parlando di una quindicina di anni fa – fatto sta che il vero momento di frattura avvenne subito dopo la “fusione a freddo” tra AN e FI con la nascita di un “Popolo della Libertà” unione di più forze, ma di fatto sotto regime berlusconiano, sopportato da tutti ma amato da nessuno.
Se i due partiti anzichè fondersi avessero dato vita ad una alleanza o a una federazione mantenendo la propria identità formale forse la storia della destra italiana sarebbe stata decisamente diversa, così come se il piccolo partito “Futuro e Libertà” – voluto da Fini dopo la scissione con Berlusconi – avesse superato lo sbarramento per accedere a Montecitorio nel 2013: mancarono pochi voti, ma furono determinanti.
Ricordo sempre a tutti che la storia non si scrive con i “se” e con i “ma” anche se certamente la condanna di oggi, al di là dei suoi risvolti pratici che di fatto saranno nulli, lascia su Fini una traccia indelebile che scava anche l’animo di molti italiani che – come me – in lui avevano creduto come esempio di rinnovamento e che proprio anche per questa vicenda si sentirono emarginati e traditi.
Non rinnego certo una mia profonda e lunga amicizia personale con lui che continua e va ben oltre questi fatti, convinto da sempre però che la sua colpa più grave sia stata di non aver capito – anche e soprattutto nel momento del successo – chi della sua “corte” (c’è sempre una corte e “cerchi magici” intorno ai leader) fosse da ascoltare o meno.
Certamente restano a Fini i meriti di aver rotto l’assedio, di essere stato capace di volere e fondare a Fiuggi una Alleanza Nazionale profondamente diversa dal MSI-DN e che con lui (e grazie a lui) seppe raggiungere risultati notevoli e rappresentò una destra ben più moderna e presentabile di prima, così come – soprattutto oggi – resta a Fini il merito di aver saputo ”lanciare” la allora giovanissima Giorgia Meloni (che volle, ventinovenne, al ruolo di vice-presidente della Camera nonostante fosse alla sua prima legislatura).
Meriti indiscussi, ma rovinati da questa vicenda giudiziaria che comunque lascia su Fini sospetti, recriminazioni e l’ombra di frequentazioni imbarazzanti.
Un finale triste, amaro, che Gianfranco avrebbe potuto e dovuto evitare.

BUONA SETTIMANA A TUTTI MARCO ZACCHERA

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