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Nella recente Assemblea Regionale Veneta dei Giornalisti è riemerso un denominatore comune che viene “riesumato” ogni anno, ed a ragione.  Eccolo qui di seguito :

…meno spettacolo e piu’ rigore; meno sensazionalismo a buon mercato e piu’ autorevolezza, meno cinismo e piu’ rispetto per la dignita’ delle persone; meno approssimazione e piu’ attenzione ad utilizzare le parole giuste: perche’ sintesi e semplificazione fanno parte del nostro lavoro, ma le notizie imprecise (o peggio ancora errate) sono un tradimento del nostro dovere di informare i cittadini ecc.ecc.”

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Tuttavia, ho l’impressione, anzi  devo mio malgrado constatare oggettivamente che, ogni principio deontologico, col susseguirsi degli anni, non solo viene meno anche sotto quegli aspetti che, per motivazioni varie, potrebbero essere tollerati ai fini delle vendite in un momento difficile per l’editoria e gli stessi giornalisti, ma anche e soprattutto per un sistema in continuo itinere che, definirlo aggressivo nei confronti degli intervistati,   costituisce mero eufemismo.

Ritengo infatti che, sempre da constatazione, detta aggressività mediatica, incominci ad infastidire, e non poco, in quanto si lascia da parte la notizia e si preferisce mettere a nudo l’intervistato, tirando in ballo inezie di poco conto rispetto alla notizia stessa, allo scopo di mettere in difficoltà chi, magari persona onesta e corretta a 360 gradi, può favorire l’evidenziazione di qualche umana debolezza di cui ognuno di noi è portatore. Ma questo, mi perdonino i colleghi giornalisti anche molto più preparati dello scrivente, non è giornalismo ma sic et simpliciter pettegolezzo da mercato rionale.

Il guaio è che, ciò non avviene solo nei contesti di modesta taratura mediatica ma, addirittura in misura superiore, ad opera delle grandi emittenti televisive nazionali, oltre che nella carta stampata. Non voglio citare questa o quest’altra emittente o giornale cartaceo per ragioni di opportunità, anche legale, ma osservo che questo attuale mondo mediatico sembra trasformarsi sempre più in un arena, non già per discutere ed approfondire un argomento, sia esso politico-culturale, sanitario o sociale, ma semplicemente per ferire a morte chi, magari impreparato in quel momento, oppure anche perché non in perfetta forma psico-fisica causata da stress vari, si lascia andare a risposte che, a bocce ferme, non avrebbe mai esplicitate. Ed è qui che la notizia viene sacrificata per costruire sensazionalismi da mercato rionale da trattare a seconda degli interessi precipui di questa o quest’altra testata.

Oggi le baruffe in  diretta tv sono all’ordine del giorno tanto che spesso gli intervistati minacciano di andarsene (ma poi non lo fanno perché la visibilità fa loro comodo).

Ciò che fa davvero dispiacere è che scienziati, virologi, epidemiologici, giornalisti noti, uomini di cultura varia e quant’altro fingono (altro verbo non potrei usare a meno che essi non siano davvero uomini da spettacolo) ci stiano al gioco, a mio avviso, prevalentemente solo per personale visibilità e spettacolo economico per gli editori.

Questa gente, ivi certi colleghi giornalisti compresi, tanto per fare un esempio contingente, con il loro quotidiano bla-bla-bla  nelle varie emittenti, non hanno fatto sempre informazione degna di questo nome nel rispetto democratico delle opinioni, ma hanno fatto ammalare mezza Italia di depressione, di malesseri vari non diagnosticabili tout court, spesso necessari di ricovero ospedaliero nel quale l’infezione da Covid sembra essere una costante, come è successo ad un mio primo cugino che, entrato per calcoli, è uscito per Covid  senza poi nessuna necessità di essere operato per calcolosi…

E’ notorio infatti che oggi, pur non essendo questo il caso che ha investito mio cugino,   molte delle malattie psico-somatiche rivenienti  dalla tante performance tv  da parte dei suddetti  “soloni” della scienza sanitaria, alla fin fine si trasformino in vera patologia fisica.

Oggi infatti, pare che ogni “prurito”  sia imputabile esclusivamente al Covid.  Patologia che, lo dico facendo violenza al significato delle parole, disattendendo pure io per una volta la deontologia professionale di cui si continua a rammentare nelle succitate assemblee, essa sembra quasi automaticamente entrare in scena ad ogni pié sospinto, meglio sarebbe dire…ad ogni parola detta dai predetti uomini di scienza…

Anche nel caso di un banale raffreddore.

Arnaldo De Porti

Belluno-Feltre

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