Advertisement

Etiopia: Save the Children, nel nord del Paese nonostante l’accordo di pace, più di 2.3 milioni di bambini non vanno ancora a scuola

Quella dell’Etiopia è una delle peggiori crisi educative al mondo. In tutto il Paese, oltre 3,5 milioni di bambini non frequentano la scuola, 1 su 16.

Advertisement

L’Organizzazione è stata tra le prime a rispondere alla crisi umanitaria derivante dal conflitto scoppiato nel nord del Paese e chiede finanziamenti urgenti affinché si possano riaprire le aule.

Nel nord dell’Etiopia, circa 2,3 milioni di bambini non vanno a scuola nonostante l’accordo di pace dello scorso novembre abbia posto fine a due anni di conflitto non è ancora iniziata la ricostruzione degli edifici danneggiati. È l’allarme lanciato oggi da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro, che chiede finanziamenti urgenti affinché si possano riaprire le aule.

In tutto il Paese, oltre 3,5 milioni di bambini non vanno a scuola, 1 bambino su 16[1]. Quella dell’Etiopia, infatti, è una delle peggiori crisi educative al mondo.

Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Etiopia Education Cluster, che comprende il Ministero dell’Istruzione, Save the Children e UNICEF, ci sarebbero ingenti danni alle scuole nelle aree colpite dal conflitto nel Tigray, ad Amhara e Afar nel nord dell’Etiopia. La situazione poi, sarebbe particolarmente grave nel Tigray, dove l’85% delle scuole ha subito danni, gravi o parziali, e tutte le scuole pubbliche restano ancora chiuse.

Secondo l’Etiopia Education Cluster, inoltre, a seguito della pandemia da COVID-19, seguita da due anni di conflitto, 2,3 milioni di bambini nella regione non hanno frequentato la scuola per circa tre anni e 22.500 insegnanti non sono stati pagati per più di due anni. I bambini che non vanno a scuola per periodi prolungati sono più esposti al rischio di sfruttamento, violenza sessuale, matrimoni precoci e lavoro minorile e perdono il diritto all’istruzione.

Zinash*, 13 anni, frequenta la quinta elementare in una scuola nella regione etiope di Amhara. La sua famiglia si guadagna da vivere attraverso l’agricoltura e l’allevamento su piccola scala. A causa del conflitto, la sua famiglia è stata costretta ad abbandonare la propria casa e Zinash* ha lasciato la scuola per un anno, ma ora è uno dei pochi bambini che è riuscito a tornare a scuola.

“Un anno fa, io e la mia famiglia siamo scappati dal nostro villaggio per sfuggire ai combattimenti scoppiati qui. Le case sono state distrutte dal conflitto e le proprietà sono state danneggiate e molte persone sono dovute scappare da quella zona. Ora, dopo quasi un anno, posso continuare la mia istruzione,  frequento la quinta in una scuola elementare qui vicino” ha detto la bambina.

Save the Children gestisce spazi sicuri in cui i bambini possono ricevere supporto emotivo e sono incoraggiati a esprimere i propri sentimenti attraverso giochi e simulazioni. L’Organizzazione fornisce anche libri e altro materiale didattico per aiutare i bambini come Zinash* a tornare a scuola, ma occorre fare di più per rispondere ai bisogni umanitari delle persone, compresa l’istruzione dei bambini.

L’appello delle Nazioni Unite per l’Etiopia è finanziato solo per il 18,4%, il che significa che sono disperatamente necessari altri 3,26 miliardi di dollari.

“L’attuale crisi umanitaria in Etiopia è una delle peggiori che si ricordino di recente. Il conflitto, la fame e l’impatto della crisi climatica hanno costretto milioni di persone a lasciare le loro case, obbligando innumerevoli bambini ad abbandonare la scuola” ha affermato Xavier Joubert, Direttore in Etiopia di Save the Children. “È fondamentale che gli edifici scolastici danneggiati o distrutti dal conflitto, vengano riparati e che gli insegnanti non pagati ricevano supporto per il loro lavoro. Stiamo aiutando i bambini colpiti dal conflitto a continuare a studiare, ma occorre fare di più per garantire che ogni bambino colpito da questa crisi umanitaria, abbia accesso all’istruzione” ha concluso.

Save the Children opera in Etiopia da oltre 60 anni. L’Organizzazione è stata tra le prime a rispondere alla crisi umanitaria derivante dal conflitto scoppiato nel nord del paese, continuando a sostenere bambini e famiglie colpiti dalle crisi umanitarie prolungate in Oromia, Somali e altre regioni. L’Organizzazione si concentra su salute, alimentazione, acqua e servizi igienico-sanitari, servizi di protezione, istruzione e distribuzione di denaro e beni. Nel 2022, Save the Children ha raggiunto circa 7,6 milioni di persone, inclusi circa 5,1 milioni di bambini, attraverso cibo salvavita, distribuzione di acqua e cure per la malnutrizione, tra gli altri servizi.

 

*I nomi sono stati cambiati per proteggere l’anonimato

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Advertisement
Articolo precedentePop-punk meets alternative rock sound on Love Ghost new single “Jealousy”
Articolo successivoEnergie rinnovabili/Sgarbi replica a Bonelli: «Un povero ignorante. In uno studio della Bocconi è stata dimostrata, dati alla mano, l’ingerenza della mafia nei settori dell’eolico e del fotovoltaico» ROMA – Il Sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi replica ad Angelo Bonelli: «Non si capisce bene di quale tipologia di “verde” si “portavoce” Angelo Bonelli quando si schiera a favore delle multinazionali di eolico e fotovoltaico, ma so per certo che riguardo alle infiltrazioni della mafia in questo settore è solo un emerito ignorante. Non bastandogli, evidentemente, la lunga sequela di inchieste giudiziarie (e condanne) che in questi anni hanno rivelato gli interessi delle mafie nelle energie rinnovabili, gli cito uno studio accademico (lo si può consultare a questo link: https://green.unibocconi.eu/sites/default/files/media/attach/GREEN_wp04.pdf?MOD=AJPERES&CVID=mLhHXRf) redatto da ricercatori universitari della Bocconi Valeria Virginia Checchi e Michele Polo dal titolo «Blowing in the wind: the infiltration of sicilian mafia in the wind power business». Tralasciando i dati squisitamente tecnici vi si legge: “…il dato che emerge è quindi quello di una presenza diffusa di investimenti eolici di piccola taglia nei comuni dove le famiglie mafiose hanno uno stretto controllo del territorio, anche quando l’area non abbia una vocazione spiccata per questo tipo di investimenti… Lo studio mostra come gli investimenti in impianti siano più frequenti nei territori controllati da famiglie mafiose. Anche quando di vento ce n’è poco” Non debbo aggiungere altro, se non che Bonelli la sola cosa di cui è portavoce è l’imbarazzante ignoranza della materia di cui si vanta di essere un esperto»

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui