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Rohingya: Save the Children, sei anni dopo le violenze, oltre mezzo milione di bambine e bambini sono a rischio a causa dei drastici tagli all’assistenza alimentare ed esposti a violenze e abusi

L’Organizzazione chiede alla comunità internazionale di finanziare adeguatamente i programmi umanitari nei campi.

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Sei anni dopo che 750.000 Rohingya sono stati costretti a fuggire dalle violenze in Myanmar per cercare sicurezza in Bangladesh, la salute e il benessere di oltre mezzo milione di bambini rimane a rischio a causa dei recenti e drastici tagli all’assistenza alimentare. Questo l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro.

I rifugiati Rohingya nei campi di Cox’s Bazar – il più grande insediamento di rifugiati al mondo – hanno ora un terzo di cibo in meno rispetto a cinque mesi fa e l’Organizzazione per i diritti dell’infanzia teme che le persone saranno spinte ancora di più verso la fame e la malattia se non ci saranno finanziamenti aggiuntivi urgenti. Le testimonianze raccolte da Save the Children[1] raccontano della paura di morire di fame: un ragazzo di 12 anni ha detto di non aver mangiato frutta da tre mesi. I genitori raccontano di ritrovarsi regolarmente senza cibo per nutrire i propri figli e di non riuscire a dormire la notte a causa dell’ansia per la sopravvivenza delle loro famiglie.

Dal marzo 2023, il PAM (Programma Alimentare mondiale) è stato costretto a tagliare di un terzo l’assistenza alimentare al milione di rifugiati nei campi, portandola a soli 8 dollari al mese o 0,27 dollari al giorno, a causa di una massiccia carenza di fondi[2]. I rifugiati Rohingya dipendono quasi interamente dagli aiuti alimentari per sopravvivere, poiché non possono lasciare i campi o lavorare formalmente. In una recente valutazione, diverse famiglie di rifugiati Rohingya hanno raccontato a Save the Children che con 27 centesimi al giorno si possono comprare solo riso e un litro di olio e che i loro bambini si ammalano a causa della grave carenza di alimenti diversi e nutrienti, come carne, uova o verdure.

Anche prima dei primi tagli alle razioni alimentari, il 45% delle famiglie Rohingya non aveva una dieta sufficiente e la malnutrizione era molto diffusa nei campi, con il 40% dei bambini in condizioni di crescita stentata[3].

Dopo sei anni, le condizioni estreme nei campi sovraffollati sono terribili e i rifugiati Rohingya sono sempre più vulnerabili agli impatti della crisi climatica, come i 37.000 circa che hanno visto danneggiati o distrutti le loro fragili abitazioni di fortuna in bambù quando il ciclone Mocha ha colpito i campi a maggio[4]. Le recenti piogge torrenziali e le frane hanno distrutto un numero ancora maggiore di case e ucciso almeno quattro rifugiati, tra cui una bambina e sua madre. Le malattie si diffondono facilmente. I casi di scabbia sono attualmente in aumento, con oltre il 40% delle persone colpite[5].

I bambini sono sempre più spesso vittime di violenza fisica a causa della mancanza di denaro e di cibo che colpisce le famiglie. Quest’anno gli abusi fisici hanno rappresentato più di un quarto di tutti i casi segnalati all’équipe di protezione dei bambini di Save the Children. I bambini vivono anche nella paura delle bande armate che si dedicano al contrabbando di droga e al traffico di esseri umani[6].

Rakib*, 12 anni, condivide un rifugio con la madre Mahbuba* e la sorella. Sei anni fa, suo padre è stato ucciso durante le violenze in Myanmar. “Prima (dei tagli al cibo) mangiavamo pesce fresco nei nostri pasti. Ora non possiamo nemmeno comprare abbastanza lenticchie. A volte sono arrabbiato e triste quando vedo solo del riso per pasto”.

Mahbuba* non può lasciare il campo per guadagnare qualche soldo e teme che l’assistenza alimentare su cui la sua famiglia fa affidamento possa essere ulteriormente tagliata: “Ci sono voci che dicono che presto l’assistenza sarà ridotta a 6 dollari [al mese]. Se ciò accadrà, non avremo altra scelta che morire di fame. Quando vado a ritirare il riso nei punti di assistenza alimentare, mi viene da piangere per la quantità così esigua”.

“L’ultima volta che ho mangiato frutta è stato tre mesi fa”, ha raccontato Zia*, 12 anni. “Non possiamo più avere cibo buono. Possiamo permetterci il pollo solo una volta al mese”. La sorella di Zia, Antora*, di 5 anni, è stata in ospedale per due mesi dopo aver perso peso e aver contratto un’infezione. “Durante i due mesi di permanenza lì, ci hanno dato un supporto nutrizionale, è guarita e si è rimessa”, ha detto la madre, Mehrun Nesa*. “Ma dopo, noi non siamo riusciti a garantirle una dieta equilibrata e si è ammalata di nuovo”.

Dopo sei anni da rifugiati, la loro disperazione è in aumento. Migliaia di persone sono ricorse ai trafficanti di esseri umani per intraprendere pericolosi viaggi in barca verso la Malesia e l’Indonesia, viaggi che sono già costati migliaia di vite[7]. Si teme che le famiglie ricorrano a qualsiasi mezzo per vivere, compresi il lavoro minorile e i matrimoni precoci.

“Dopo sei anni, non c’è alcuna fine in vista per la miseria che i rifugiati Rohingya devono sopportare. Mezzo milione di bambini rischiano la propria vita a causa dei tagli al cibo. Loro e le loro famiglie hanno perso ogni speranza”, ha dichiarato Shaheen Chughtai, Direttore di Save the Children in Bangladesh. “La risposta umanitaria è al limite. Il piano di risposta umanitaria 2023 delle Nazioni Unite per i rifugiati Rohingya è finanziato solo al 30%[8]. Questa è una crisi dei bambini, che rischiano di diventare una generazione perduta. Non possono rimanere apolidi e senza protezione, vivendo le loro vite in un limbo isolato.  La comunità internazionale dovrebbe dimostrare di non aver voltato loro le spalle e finanziare adeguatamente i programmi umanitari nei campi. La maggior parte dei rifugiati Rohingya afferma di voler tornare alle proprie case quando le condizioni consentiranno un ritorno sicuro, dignitoso e volontario, con la garanzia che i loro diritti saranno rispettati. Finché questo non accadrà, dobbiamo andare oltre l’uso degli aiuti umanitari come tampone. Dopo sei anni, non possiamo continuare con un approccio a breve termine. La comunità internazionale deve dimostrare ora che non ha dimenticato i rifugiati Rohingya”.

 

Per sostenere l’intervento di Save the Children in emergenza: https://www.savethechildren.it/dona-fondo-emergenze#form-start

 

*I nomi sono stati cambiati per proteggere l’identità degli intervistati

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