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Clima: quasi due milioni di bambine e bambini sfollati nell’Africa subsahariana a causa degli shock climatici nel 2022, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. La Nigeria il paese con il più alto numero di sfollati interni, seguita dalla Somalia

Save the Children chiede alla Comunità internazionale di mantenere gli impegni finanziari climatici, comprese le risorse per misure di adattamento e per far fronte a perdite e danni, e far sì che tengano conto dei bisogni dei minori.

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Il numero totale di bambini dell’Africa subsahariana sfollati all’interno del proprio Paese a causa di disastri indotti dalla crisi climatica è quasi raddoppiato lo scorso anno, secondo quando dichiarato da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro, mentre oggi i responsabili politici si riuniscono a Nairobi per discutere delle soluzioni alla crisi climatica.

In base all’analisi dei dati dell’Internal Displacement Monitoring Centre[1], alla fine del 2022 almeno 1,85 milioni di bambini dell’Africa subsahariana erano sfollati all’interno dei loro Paesi a causa di shock climatici, rispetto al milione di bambini sfollati per ragioni simili nel 2021. Alcuni di questi bambini sono stati più volte costretti ad abbandonare la propria casa, mentre altri solo una volta, ma tutti loro alla fine dell’anno erano ancora in una condizione di sfollamento e vivevano in campi, presso famiglie allargate o in altre strutture temporanee.

Le inondazioni nello Stato di Borno e in altre parti della Nigeria hanno portato il Paese a registrare il più alto numero di nuovi sfollati interni dovuti a disastri climatici di tutta l’Africa sub-sahariana nel 2022, con 2,4 milioni di sfollati[2]. Alla fine dell’anno, almeno 854.000 persone sono rimaste sfollate a causa di questi shock, tra cui si stima ci siano 427.000 bambini.

Nel frattempo, in Somalia, cinque stagioni delle piogge mancate hanno costretto circa 6,6 milioni di persone – pari al 39% della popolazione[3] – a livelli critici di fame e hanno portato il Paese al secondo posto per numero di sfollati interni, con 1,1 milioni di persone[4].

Nel corso del 2022, in tutta l’Africa sub-sahariana il numero di nuovi spostamenti interni causati da questi disastri [5] è stato anche tre volte superiore all’anno precedente, con 7,4 milioni di nuovi spostamenti interni nel 2022 rispetto ai 2,6 milioni del 2021[6]. Questa cifra include il conteggio delle volte in cui le persone sono state sfollate – in alcuni casi più volte per un singolo individuo – anche se sono state in grado di tornare a casa entro la fine dell’anno.

Si tratta del più alto numero annuale di nuovi spostamenti a causa di disastri climatici mai registrato nella regione, dovuto agli impatti di shock climatici consecutivi e all’esaurimento sia della resilienza del territorio che dei meccanismi di adattamento delle comunità.

Questi dati mettono a nudo la cruda realtà che i diritti dei minori in tutta la regione vengono erosi a un ritmo allarmante dagli impatti della crisi climatica, ha dichiarato Save the Children, nonostante i Paesi dell’Africa abbiano contribuito in misura minore alla crisi, con la quota più bassa di emissioni globali di gas serra tra tutte le regioni del mondo[7].

Secondo l’Organizzazione, con l’affermarsi del modello climatico “El Niño”, che provoca eventi meteorologici ancora più estremi e fa aumentare ulteriormente le temperature globali, è probabile che quest’anno questa cifra sia destinata ad aumentare ulteriormente.

“Quel fatidico venerdì stavo tornando da scuola e continuavo a sentire dire che stava arrivando la pioggia. Ci hanno dato dei sacchi di sabbia da riempire e posizionare in angoli strategici. All’improvviso ho visto una grande ondata d’acqua che si dirigeva a forte velocità verso le nostre case, tutti erano in agitazione e mia madre ha detto che dovevamo impacchettare le nostre cose e iniziare a correre, ci abbiamo provato ma non siamo riusciti a fare abbastanza. Siamo corsi in una scuola vicino a casa e ci siamo rifugiati con altri membri della comunità colpiti dall’alluvione. Le nostre case erano sommerse”, racconta Falmata*, 13 anni, che viene dallo Stato di Borno, nel nord-est della Nigeria, dove l’anno scorso le inondazioni hanno costretto oltre 30.000 persone ad abbandonare le loro case[8]. “La vita è stata dura, ci siamo separati dai membri della famiglia e non abbiamo più avuto loro notizie. Abbiamo trovato una piccola stanza per ripararci, ma la struttura è pessima, perché è stata rovinata dalla pioggia, i soffitti perdono e alcune parti della stanza sono aperte. Quando vedo le nuvole, ho paura e mi torna in mente l’alluvione”.

“L’esperienza di Falmata* con le inondazioni dello scorso anno è purtroppo fin troppo comune”, ha dichiarato Vishna Shah, Direttore di Advocacy, Comunicazioni, Campagne e Media dell’Ufficio regionale di Save the Children per l’Africa occidentale e centrale. “In Nigeria e in tutta la regione, molti bambini sono, come Falmata, terrorizzati. Si aggrappano alla sopravvivenza passando da un evento meteorologico estremo all’altro, incerti se le piogge fuori stagione siano una benedizione per i raccolti in crisi o se spazzeranno via le loro case. Sono impaziente di vedere  come i leader dei Paesi daranno voce alle loro esperienze e alle loro preoccupazioni al Vertice sul clima in Africa questa settimana. I bambini non hanno fatto nulla per causare questa crisi – e hanno bisogno che la Comunità internazionale mantenga gli impegni finanziari climatici, comprese le risorse per misure di adattamento e per far fronte a perdite e danni, e si impegni perché questi tengano conto delle esigenze specifiche dei minori”.

“Perdere la casa per loro significa perdere quasi tutto: l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, al cibo e alla sicurezza. Perdono anche gli elementi fondamentali per la stabilità e il benessere mentale ed emotivo, come il senso di routine, gli amici e il diritto al gioco”, ha dichiarato Kijala Shako, Responsabile di advocacy, comunicazione, campagne e media dell’Ufficio regionale di Save the Children per l’Africa orientale e meridionale“. I dati diffusi sono sufficienti a far breccia in chiunque e auspichiamo che i leader che parteciperanno all’Africa Climate Week prendano consapevolezza di quello che i bambini hanno dovuto vivere in tutta la regione, riconoscano che la crisi climatica sta avendo un impatto disastroso sulle loro vite e agiscano con urgenza per tenere conto dei bisogni e dei diritti dei minori nella risposta tanto necessaria”.

Nel Corno d’Africa, El Niño è storicamente associato a precipitazioni superiori alla media durante la stagione delle piogge da ottobre a dicembre. Come è stato dimostrato dalle alluvioni degli ultimi mesi, il terreno arido dopo quasi tre anni di siccità non è in grado di assorbire l’acqua e il rischio di ulteriori inondazioni, sfollamenti, carenze alimentari e malattie è molto alto. El Niño del 2015-2016 ha causato siccità in ampie zone dell’Africa meridionale, che potrebbero ripetersi anche questa volta.

Secondo un rapporto[9] redatto all’inizio di quest’anno dalla Children’s Environmental Rights Initiative (CERI) coalition, da Save the Children e dai suoi partner, solo il 2,4% dei principali fondi globali per il clima può essere classificato come sostegno ad attività che rispondono alle esigenze dei bambini, nonostante oltre un miliardo di bambini sia ad altissimo rischio di subire gli impatti della crisi climatica.

Gli interventi di Save the Children per contrastare la crisi climatici a livello globale comprendono il sostegno ai minori e alle loro comunità nella prevenzione, preparazione e ripresa dai disastri climatici e il supporto ai leader globali per proteggere i bambini nelle emergenze. Save the Children, inoltre, sta monitorando attivamente le previsioni e i rischi potenziali in tutte le regioni e collabora con i partner per aiutare le comunità ad anticipare, prepararsi e prevenire i peggiori impatti possibili.

*I nomi sono stati cambiati per proteggere l’identità degli intervistati

 

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