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«Se permane il silenzio, rischia di passare nell’indifferenza totale il recente suicidio di un detenuto straniero nel carcere di Vibo Valentia, in Calabria, impiccatosi nella stessa cella in cui viveva con un altro detenuto. È l’ennesimo caso di suicidio dietro le sbarre, che ci inquieta e spinge a reagire. La vicenda conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che nei penitenziari italiani manca l’assistenza di base e che le condizioni di vita dei detenuti sono estremamente critiche e non più sostenibili». Lo afferma, in una nota, Bo Guerreschi, presidente dell’Organizzazione non governativa internazionale “bon’t worry”, che si occupa di tutela e di rieducazione dei detenuti, oltre che di assistenza gratuita alle vittime di violenza. «Sullo stato delle carceri – continua Guerreschi – era da ultimo intervenuto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e noi ne avevamo rilanciato il monito. Nelle carceri servono al più preso spazi adeguati, possibilità di svolgere un lavoro, psicologi e maggiore collaborazione con le associazioni che, come “bon’t worry”, senza fini di lucro si preoccupano del presente e del futuro dei detenuti, che hanno il diritto, costituzionalmente fissato, alla rieducazione. Come il sindacato Sappe, chiediamo all’amministrazione penitenziaria che a Vibo Valentia e negli altri istituti di pena sia assicurato un adeguato supporto psicologico ai detenuti e – conclude la presidente Guerreschi – alla politica, a partire dal governo e dal Parlamento, domandiamo una riforma delle carceri organica e rapida, ormai non più rinviabile».

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