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ALLARME NON SOLO DA SPONDE

Aspiriamo tutti alla felicità, ma per essa non basta la pace interiore, necessita la pace mondiale, impossibile senza la libertà, se regnano ingiustizie, se l’amore per il potere annulla le potenzialità dell’amore, nel mutare non giungono. Viviamo in un mondo cambiato anche per tecnologia avanzata e informatica, eppure immutato in ciò che è sostanziale, un modus vivendi meno conflittuale, contrasti, invece, accresciuti nel caos globale, molto distante quindi dalla sintonia tra i popoli. Eros è impotente rispetto a Polemos e a Thanatos, e resta allarme la follia degli odi politici ovunque presenti e quelli confessionali provocanti terrore, della brama di dominio e del nucleare divenuto centralità nella opposizione fra gli Stati, nel mentre avanza l’intelligenza artificiale, va sganciandosi sempre più dal controllo del suo creatore. Ci vorrebbe, come sostiene il centenario filosofo francese Edgard Morin (è autore dal 1946 ad oggi di moltissime opere con analisi sulla complessità del nostro mondo), un pensiero organizzatore per superare confusione e complicazione, ma non si riesce a pervenire a un tale pensiero pertanto il globo resta frammentato. Anzi nel nuovo secolo si è frammentato e infuocato ancor di più, a iniziare dagli eventi che sono seguiti al crollo delle Torri Gemelle, con gl’interventi fatti passare con finalità di democratizzazione, sono stati, invece, destabilizzanti. Basti menzionare l’irrisolto conflitto israelo-palestinese, il rovesciamento in Iraq del regime di Saddam Hussein, l’intensificazione del terrorismo islamico e gli attentati non solo in Arabia Saudita, inoltre le crisi, da quella indo-pakistana alle altre in Medio Oriente dopo l’attacco di Hezbollah contro Israele e le incursioni in Libano delle forze israeliane. Situazioni infuocate ovunque, in Iran Afghanistan e Siria, di rimando l’insorgere di proteste perlopiù represse con violenza.                                                                                                                 E pensiamo poi a quei paesi africani e asiatici che si affacciano o gravitano sul Mediterraneo orientale, denominati Medio Oriente, agli altri che sono all’Italia prossimi. Vivevano sino al 2010 una situazione non certo felice, ma di minore caos. Il 17 dicembre 2010 il giovane ambulante tunisino Mohamed Bouazizi, in segno di protesta contro gli agenti di polizia che gli avevano confiscato la merce (dissenso quindi non politico ma economico-sociale), si diede fuoco innescando una rivolta che portò alla caduta di Ben Ali, allora Presidente della Tunisia. L’ambulante morì, ma in poche settimane l’ondata di rivolte, detta “Primavera araba”, travolse Egitto, Yemen, Bahrein, Libia, Siria, Marocco e Giordania. Si scese in piazza a rivendicare riforme e diritti, e ci fu l’appoggio non disinteressato di Usa e altri Stati dell’Occidente. In Egitto il presidente Mubarak, al potere da 30 anni, fu costretto a dimettersi, ma emersero preoccupanti involuzioni nei rapporti coi Fratelli Musulmani. In Marocco il Re, approvando la nuova Costituzione, riuscì a placare le agitazioni, mentre le insurrezioni di Giordania e Bahrein furono frenate dall’Arabia Saudita ricca di petrolio, e all’Oman andò incontro il regime provvedendo alle riforme sociali. Ben più consistente la rivoluzione in Libia, fu armata, e la Francia appoggiò, pure la Nato, e Gheddafi subì scempio e morte. Nessun intervento dell’Occidente in Siria dove le insurrezioni furono spente a cannonate, né ci fu riconoscimento di diritti per i soggetti fragili, per le donne. Secondo lo scrittore filosofo e giornalista francese Alain de Benoist vanno poste in rilievo, oltre alle questioni economico-sociali, la ricerca di libertà di natura borghese-cittadina, il ruolo dell’esercito e il fattore identitario islamico, non alla maniera talebana o iraniana, ma turco, come sintesi di tradizione e democrazia, con separazione dei poteri e tutela dei diritti e delle libertà individuali. Da ciò parte, a suo avviso, anche il sistema turco-centrico che va dal Nord Africa Magreb- Mashrek alla Regione Anatolica, inoltre la nuova visione del partito “Giustizia islamica” con l’ingresso nella Nato che mette in crisi Europa e Stati Uniti, con i nuovi rapporti con la Libia ricca di petrolio e gas e la tessitura diplomatica con Israele e l’Autorità palestinese, con la Siria pur se di questa si condannano le repressioni.                                               A oltre 10 anni di distanza dalla “Primavera araba” resta comunque nelle avvenute trasformazioni ancora utopia la democrazia, imperfetta anch’essa ma preferibile alle dittature di ogni sorta. In Stati dell’Asia e dell’Africa una invivibilità tale da portare a una crescita delle migrazioni con tutte le negative conseguenze che soprattutto l’Italia, centralità nel Mediterraneo, vive nel disinteresse dell’Ue. E la Tunisia è oggi in un difficile momento economico, tanto che Nabil Ammar, Ministro degli Esteri sollecita i partner della Tunisia a sostenerla nella ripresa economica onde evitare povertà e fame e quel che ne consegue.                                                                                                                 Ad aggravare le generali difficili situazioni, non solo quindi tunisine o italiane ed europee ma di gran parte del mondo, focolai di guerre, già accese o in accensione con pericolo di esplosione mondiale. E’ divenuta, la guerra, incubo dall’invasione della Russia in Ucraina, una guerra questa al momento senza possibilità di soluzione, voluta quasi a tempo indeterminato, sfibrante e distruttiva. Conseguenti le compromissioni di tanti Stati, degli Stati da considerarsi leader in gara per il primato mondiale, quindi della Cina moltissimo avanzata in economia e finanza che i tentacoli ha di tanto allungato in ogni continente agendo con scaltrezza ma che la guerra dice di aborrire, di volere ancora adoperarsi per la pace; degli Usa che vieppiù si sforzano a non perdere terreno coltivando rapporti anche per attrezzarsi di quei minerali indispensabili alla nuova tecnologia, inviando per interesse consistenti aiuti a chi è stato aggredito (Ucraina), difendendo chi, già parte della Cina (Taiwan), dichiara la propensione all’Occidente, alla democrazia. Fermenti anche nelle altre Americhe, e fermenti all’interno degli Stati dei vari continenti.                                                                                                                          E intanto alla finestra c’è lei, l’atomica, in attesa di tempi maturi all’intervento, in attesa di dare ad ampio raggio distruzione e morte agli idioti sapientes che l’un l’altro si spingono, a gara fanno per sprofondare nel baratro. E ciò mentre tutto sembra procedere al modo solito: discussioni all’infinito su questioni di secondaria importanza, vengono sul tappeto posti anche problemi che non sono più problemi. Occorrerebbe che dappertutto Governo e Opposizione ragionassero insieme per la soluzione dei problemi veri, ma non accade. In Italia, a esempio, esaltazione della lotta partigiana, ma dai partigiani che, al di là del credo politico, di fronte al pericolo agirono all’unisono, non si prende esempio, così resta irrisolto quanto sarebbe necessario risolvere per la vivibilità dei cittadini di qualsivoglia zona. Oppure è una scelta per non affrontare il difficile? Da una parte e dall’altra si parla e si parla, si sprecano energie senza risolvere i problemi che contano.                                                                                                                                           Un mondo da condannare sotto ogni aspetto, ma vogliamo ricordare qualche strofa da “Sopra una conchiglia fossile nel mio studio” di Giacomo Zanella, su cui un tempo ci faceva riflettere la Maestra a infonderci speranza: T’avanza, t’avanza,/divino straniero:/ conosci la stanza/ che i fati ti diero:/ se schiavi, se lagrime/ ancora rinserra,/ è giovin la Terra.

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Antonietta Benagiano

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