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DOVE PORTA LA RISPOSTA DI ISRAELE?

Ubi maior minor cessat:  la guerra russo-ucraina passa in secondo ordine rispetto a quanto accaduto lo scorso 7 ottobre 2023 e continua ad accadere in quella fascia del Medio Oriente da sempre molto problematica. Diverse le proporzioni rispetto alla invasione della Russia in Ucraina, dato che c’è sì il fattore terra-stato con tutto quel che comporta ma, come il grande studioso dell’Islam Bernard Lewis diceva già nel 1976 in una intervista, ancor prima della rivoluzione islamica a Teheran avvenuta 3 anni dopo, c’è, insieme alla mancata divisione nel 1948 di quella terra in due Stati, ebraico e palestinese, “il ritorno dell’Islam, della universalità della religione come fattore nella vita dei popoli musulmani”. Ed esplode la rabbia musulmana per il secolarismo (male da attribuirsi a tutto l’Occidente, a Usa ed Ebrei, ritenuti spuri nel contesto medio-orientale), per il modernismo con trasformazioni politiche, economiche, sociali e culturali che hanno portato a svalutare i valori musulmani, e la laicizzazione viene considerata forza neopagana del male.                                                                                                            Il terzo millennio s’apre con 4 attacchi suicidi di terroristi appartenenti ad Al Qaida, coordinati contro obiettivi civili e militari di un popolo, lo statunitense, che per la mania del business può diventare anche cieco, non rendersi conto del pericolo. Si scatena l’odio, quello di cui parla pure la nostra Cassandra inascoltata Oriana Fallaci nel libro “Le radici dell’odio. La mia verità sull’Islam” (di recente ripubblicato da Rizzoli) dove ammonisce con veemenza l’Occidente a che prenda coscienza, non trascuri il pericolo dell’Islam. C’è ovunque in Occidente quel pericolo, anche se lo si rileva solo quando accadono fatti tragici, per trascurarlo poi subito dopo sino ad altre tragedie.                                                                                                                        Era il 2018 quando il Ministro Marco Minniti parlava della minaccia dell’Isis mai stata in Italia così alta (Ansa, 28 marzo 2018) e definiva preoccupanti le immagini di una scuola di Foggia dove l’Imam insegnava in italiano ai bambini come “sgozzare gli infedeli”, aggiungendo che occorreva “rompere i crani dei miscredenti e bere il loro sangue”. L’Islam ha la sua Dichiarazione dei diritti dell’uomo proclamata il 19 settembre1981 presso l’Unesco a Parigi, ma è fortemente determinato a distruggere i valori dell’Occidente, la cultura e l’arte, la sua storia. Va, però, aggiunto che l’assalto di Hamas dello scorso 7 ottobre, oltre alle radici nell’eterno conflitto tra palestinesi e israeliani, ha anche ragioni geopolitiche, sono nella tessitura di accordi israeliani col mondo arabo, pure nelle decisioni del G 20 tenutosi in India, dove si prevedeva di collegare l’India all’Europa attraverso il Porto del Pireo divenuto della Cina, passando per il Medio Oriente con tappe negli Emirati Arabi Uniti, in Arabia Saudita e in Israele. Consapevole la Russia per gli ottimi rapporti con gli Emirati Arabi, l’Arabia Saudita e Israele rimasta estranea agli aiuti all’Ucraina. Se funzionasse il corridoio India – Middle East- Europa, lo Stato ebraico verrebbe riconosciuto dai Sauditi secondo gli Accordi di Abramo di Trump, difeso dagli Usa in caso di aggressione. L’Iran non gradisce, mette in campo Hamas contro Israele costringendo i Sauditi a schierarsi con i palestinesi, ad abbandonare quindi l’intesa con Israele. Hezbollah è al fianco di Hamas e alle 15,00 del 3 novembre 2023 Hassan Nasrallah, leader libanese di Hezbollah, dopo l’annuncio dei giorni precedenti, di quel “Alle 15,00 di venerdì 3 novembre parla Dio” che ha ingenerato nel mondo attesa, rompe il silenzio in una piazza che lo ascolta -lo possiamo ben dire- in religioso silenzio. Un discorso trasmesso dalle reti televisive delle regioni centro-meridionali, non trasmesso dalle televisioni israeliane, e su ciò si potrebbe discutere. Presente nel discorso del leader di Hezbollah la memoria dei combattenti uccisi nei bombardamenti israeliani, di tutte le vittime di Gaza, appellati martiri di una guerra ingiusta. Hassan Nasrallah definisce “sacra e santa” l’operazione di Hamas contro la popolazione israeliana, contro Israele che tiene migliaia di prigionieri palestinesi e in assedio Gaza da quasi 20 anni, e parla della drammatica situazione attuale per la quale richiede corridoi umanitari. Una operazione, quella di Hamas, tutta palestinese “non condivisa con altre fazioni della resistenza islamica”, da altri Paesi ai quali, però, chiede di avere “il minimo di onore e di cessare di inviare petrolio a Israele”, uno Stato incapace di reggersi da solo, alla ricerca sempre di dollari e armi statunitensi.                                                                                      Un discorso sapientemente organizzato a discredito di Israele, a sua condanna, così quel che Hamas ha commesso scompare. C’è da rilevare che potrebbe lo stesso discorso essere pronunciato dalla parte avversa.                                                                              Intanto, dopo le atrocità israeliane nella Striscia di Gaza, tra cui quelle del campo profughi di Jabalya, per le quali il rappresentante degli Affari esteri dell’Ue Josep Borrell si dichiara sconvolto, anche la Cina che invita alla de-escalation, (come l’Unione Africana, i Paesi dell’America del Sud, il mondo arabo moderato e la Russia) critica Israele per azioni che vanno, a suo dire, oltre l’autodifesa. Nel dare la risposta (e Israele non poteva non darla) conviene sempre frenare l’ansia del risultato immediato. Per Michael Howard politico e storico, Membro anche della Camera dei Lord del Regno Unito l’antiterrorismo richiede segretezza, intelligence, sagacia politica, quieta spietatezza, azioni coperte e infinita pazienza. Se nel dare la risposta vengono colpiti innocenti civili, passa in secondo ordine l’atrocità iniziale commessa dall’altra parte, si rafforza l’odio, si moltiplicano i terroristi. Meglio poi per Howard non parlare di guerra ed esercito, ma di polizia e intelligence, vale a dire di autorità civile, onde evitare che i terroristi passino per combattenti, come è accaduto nella risposta che gli Usa hanno dato dopo l’assalto alle Torri Gemelle. Come sta anche accadendo nella risposta di Israele alle atrocità di Hamas nei kibbutz.                                                                                                                                       E riprendiamo il pensiero di Richard Cohen: “Il più grande errore che Israele possa compiere al momento è di dimenticare che Israele stesso è un errore. E’ un errore onesto, un errore frutto di buone intenzioni, un errore per il quale nessuno è colpevole, ma l’idea di creare una nazione di ebrei europei in un’area di arabi musulmani (e di alcuni cristiani) ha prodotto un secolo di guerra e terrorismo della specie che stiamo ora osservando.”                                                                                                                              Consideriamo inoltre che i terroristi dispongono, oltre che delle comuni armi, dell’arma che tutte le altre supera, la propria morte, esaltata come dono ad Allah. Alla libido ultionis verso lo Stato d’Israele, sorto con una proclamazione ritenuta ingiusta, si unisce poi, per la perdita dell’ultimo barlume di umanità, l’assunzione forse del coptagon, la droga di chi combatte la Guerra Santa e non sente fame e sonno, solo in sé un senso di onnipotenza.

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Antonietta Benagiano

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