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IN MEDIO ORIENTE BREVE RESPIRO

Virata in questi giorni da parte di stampa televisione e social: i Paesi occidentali sono presi da tragedie interne, da femminicidi, attacchi omicidi, assalti e altri orrori. L’Italia ne è stata parte con un efferato femminicidio, e si è approfittato per far prevalere anche motivazioni ideologico-politiche. C’è ancora in Occidente il patriarcato? Dipende dal significato di cui si vuole caricare la parola, se la si intende come sistema patriarcale  (pater familias detentore della patria potestas) in Occidente non appare più esistente. Persiste, invece, il maschilismo sotto svariate forme, le estreme possono portare a efferatezze. In taluni maschi permane la incapacità di tollerare il rifiuto della donna a divenire suo possesso rinunciando alle proprie realizzazioni, e c’è l’uso della forza di cui, per natura, i maschi sono più dotati. Così, quando per istinti animaleschi diviene bruta, non associata più alla intelligenza, si ammazza barbaramente con la lama, di crudeltà più appagante della pallottola. Ai suddetti soggetti vogliamo ricordare il pensiero di Charles Bukowski: “Il mondo sarebbe un posto di merda senza le donne. La donna è poesia. La donna è amore. La donna è vita. Ringraziale, coglione!”                                                                                                         Ma già stampa televisione e social tornano a dare il primo piano alle tragedie collettive, alle guerre, e quella israelo-palestinese continua a porre in secondo ordine la guerra russo-ucraina. Eventi tutti spaventosamente drammatici, misura della follia umana.          Il conflitto israelo-palestinese è millenario, affonda le sue radici nel Vecchio Testamento, dove è la Divinità ad assegnare agli Ebrei quel lembo di terra, e va avanti sino ai nostri giorni con il dramma del 7 ottobre nei kibbutz (risposta di Hamas alle azioni israeliane nella Moschea Al-Aqsa e alle violenze nei campi dei rifugiati) e poi nella Striscia di Gaza. E’ dal 1917 che i Palestinesi, con lo sgretolarsi dell’Impero ottomano e la conseguente Dichiarazione di Balfour del Governo Britannico mal sopportano l’assegnazione della Palestina come “patria nazionale per il popolo ebraico”, non più quindi loro terra. Sarà, dopo le drammatiche vicende del secondo conflitto mondiale, nuovamente assegnata nel 1948 agli Ebrei. Decolla lo Stato d’Israele, non quello palestinese, di assegnazione incerta. Sudditanza e disuguaglianza di diritti fomentano il popolo estromesso, tutto il mondo arabo che ad esso si sente affine anche per il comune credo islamico. Ma guardiamo alla possibile soluzione della presente catastrofe, potrebbe allargarsi a macchia d’olio, se consideriamo i contrasti globali. Di ciò sembrano preoccuparsi anche i Leader mondiali, s’incontrano, tentano l’accordo tra le parti in causa per un cessate il fuoco, o almeno per una tregua. Biden va da Netanyahu, cerca di ridimensionare la sua ferma decisione di proseguire la guerra, continua ad essere in contatto. Ministri degli Esteri dei Paesi Arabi si recano a Pechino allo scopo di intervenire per la fine del conflitto, e Xi Jinping: “Non possono esserci pace e sicurezza in Medio Oriente senza una giusta soluzione alla questione palestinese”. Una grossa questione: Israele è per gli Israeliani la loro patria, per Hamas i Palestinesi hanno diritto a tornare nella Palestina storica, quella anteriore al 1948, quindi lo Stato di Israele va annullato.                                                                                                                            Già lo scorso 27 ottobre l’Assemblea Generale dell’Onu adotta una risoluzione avanzata dalla Giordania e presentata da 50 Paesi, tra cui Turchia, Palestina, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti. Viene sancita la condanna di “tutti gli atti di violenza contro i civili palestinesi e israeliani, compresi tutti gli atti di terrore e gli attacchi indiscriminati, nonché tutti gli atti di provocazione, incitamento e distruzione”. Si chiede inoltre che “tutte le parti rispettino immediatamente e pienamente i loro obblighi di diritto internazionale”. Ma Israele, ritenendo l’Organo Internazionale mancante di legittimità, non approva. Non è la sola perché anche altri Stati, inserendo in ragionamenti geopolitici e geoeconomici la questione palestinese-israeliana, o si astengono o sono su posizioni di rifiuto. Gli Stati Uniti, a esempio, non approvano: hanno interessi in Medio Oriente e poi Tel Aviv, gratificata dal suo sorgere con 158 miliardi di dollari, una cifra che va oltre gli aiuti ad ogni altro Stato, resta strategica per gli equilibri geopolitici statunitensi. Si astiene l’India, ha solidi legami economici con Israele da cui acquista armi e con cui coopera per la Cyber Security, ma anche legami politici, avendo Modi e Netanyahu una comune ideologia etno-nazionalista e antimusulmana. Pure l’Italia si astiene insieme a Germania e Olanda, ritenendo che l’attacco di Hamas del 7 ottobre non sia stato chiaramente condannato. Alla risoluzione Onu è, invece, favorevole la Cina, grande Potenza neutrale sostenitrice della pace ma anche dei suoi interessi geopolitici ed economici, motiva inoltre il conflitto con l’assenza di garanzie dei legittimi diritti del popolo palestinese. E la Turchia, dapprima incerta, si schiera col mondo arabo nel quale ambisce a crescere la propria influenza, condanna quindi le azioni di Israele e difende Hamas dall’accusa di terrorismo. Favorevole pure la Russia: Putin, che riceve una delegazione palestinese al Cremlino, condanna sì Hamas ma anche Israele, e soprattutto rimprovera Washington per non essersi adoperata alla creazione di uno Stato palestinese. E pure il Brasile passa a posizioni più vicine alla causa palestinese. Ma Israele, che non è riconosciuta da 28 Stati Membri dell’Onu (fra cui Algeria, Comore, Gibuti, Iraq, Kuwait, Libano, Libia, Mauritania, Oman, Qatar, Arabia Saudita) è decisa a proseguire la guerra. Rimbalzano colpe e si aggrovigliano interessi: si può così pensare di porre fine al conflitto? Con il proseguire degli interventi internazionali si è, però, raggiunto almeno l’obiettivo dello scambio dei prigionieri, di un cessate il fuoco, breve sì, solo quattro giorni. Alle ore 7, 00 dello scorso 24 novembre liberi 13 ostaggi israeliani (9 donne e 4 bambini) e 39 detenuti palestinesi (24 donne e 15 minorenni). Biden annuncia: “E’ solo l’inizio”. Si spera possano compiere il miracolo di far ricominciare ad apprezzare da entrambe le parti la bellezza di una vita normale, impegnandosi a dare i diritti che a ciascun popolo spettano, senza provocare morte e distruzione. Sarà possibile al pensiero di quanto si è subito, dinanzi alla visione dei tanti barbaramente sottratti alla vita, dinanzi alle rovine? Dovrebbe essere possibile, ma chi è esacerbato vuole solo vendetta, quindi la prosecuzione di morte e rovine. E giustamente Lev Tolstoj: “Togli il sangue dalle vene e, al suo posto, versaci dell’acqua: allora sì che non ci saranno più guerre”.

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Antonietta Benagiano

 

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